di Gianni Cioli • «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9-11).
In questi tre versetti del Vangelo di Giovanni ci sono tre concetti fondamentali per comprendere e vivere a vocazione cristiana: amore, obbedienza e gioia.
L’amore viene donato gratuitamente dal Padre mediante Gesù. L’amore che Gesù ci comunica è lo stesso con cui Egli, il Figlio, il Verbo increato ed eterno, è amato eternamente dal Padre nella relazione trinitaria. Questo amore, in ragione dell’incarnazione, è corrisposto al Padre da Gesù, Verbo incarnato – Verbo umanato, come amava dire santa Maria Maddalena de’ Pazzi – nell’obbedienza che si fa dono – dono della vita! – a favore dei fratelli, di noi, resi figli del Padre e chiamati amici dal Figlio: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 13-15).
In questo amore donatoci gratuitamente possiamo e dobbiamo rimanere attraverso l’obbedienza che consiste nell’amarci gli uni gli altri come egli ci amati: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12).
Se il dono iniziale dell’amore è gratuito e scaturisce dalla libera iniziativa del Padre, la permanenza, il rimanere, non è invece esente da prezzo; richiede infatti l’obbedienza ai comandamenti di qualcuno che ci chiede di dare la vita gli uni per gli altri come egli ha dato la vita per noi. Siamo stati, infatti «riscattati a caro prezzo» (1Cor 6,20).
Non si tratta dunque di un amore a costo zero; non è affatto, come avvertiva Dietrich Bonhoeffer, una “grazia a buon mercato”, dal momento che è una grazia costata cara a Dio il quale «ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (Gv 1Gv 4,10) ed è una grazie che chiama alla “sequela”.
Il costo non indifferente del vero amore, d’altra parte, non può essere per il credente motivo d’afflizione. Al contrario, secondo la promessa del Signore, il rimanere nell’amore attraverso l’obbedienza ai comandamenti porta alla pienezza della gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
L’esperienza dell’amore gratuito di Dio è una grande esperienza di gioia: la gioia di essere amati.
La permanenza nell’amore in virtù dell’obbedienza ai comandamenti di Gesù è il compimento, la pienezza, di questa esperienza: la gioia non solo di essere amati, ma anche di amare come siamo stati amati.