di Giovanni Pallanti · Carlo Donat Cattin è nato a Finale Marina nel 1919, ed è morto a Montecarlo nel 1991, in seguito ad un’operazione al cuore. È stato un protagonista della vita politica italiana del secondo dopoguerra. Interprete del magistero sociale cattolico, ha anticipato nella concretezza della sua azione di uomo politico e di ministro, il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, che è stato pubblicato sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II nel 2004.
Nato da una famiglia di modeste condizioni economiche, il suo doppio cognome fa pensare ad antiche ascendenze nella piccola nobiltà sabauda. Anche nel comportamento e nel parlare era percepibile in Donat Cattin un pensiero forte ed aristocratico, messo al servizio dei più deboli e della povera gente. Nella Democrazia Cristiana era considerato un leader atipico perché, come lui disse, gli piaceva “cantare fuori dal coro”. Ministro del Lavoro nell’autunno caldo del 1968/69, ministro per la Cassa del Mezzogiorno e infine ministro della Sanità, è stato deputato e senatore per un lungo periodo.
Dopo il coinvolgimento del figlio Marco nel terrorismo armato (fu coinvolto nell’omicidio del giudice Emilio Alessandrini compiuto da Prima Linea), nel 1980 si dimise da ogni incarico e lasciò temporaneamente la politica, per essere poi richiamato dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi come ministro della Sanità.
Come ho precedentemente ricordato, fu un grande ministro del Lavoro e, succeduto al ministro socialista Brodolini, portò in parlamento lo Statuto dei Lavoratori, che fu approvato, sancendo per la prima volta i diritti fondamentali degli operai e il rispetto della persona nei luoghi di lavoro. Ufficiale dei granatieri nel secondo conflitto mondiale, dopo l’8 settembre 1943 si schierò con la Resistenza contro il nazifascismo. Nel dopoguerra, Donat Cattin partecipò alla fondazione della Cisl con Giulio Pastore e fu eletto per la Dc consigliere comunale di Torino e poi consigliere provinciale torinese. Si fece subito conoscere come intransigente difensore dei diritti dei lavoratori, e da lì nacque una lunga battaglia politica e culturale contro gli Agnelli, i padroni della Fiat. Quando Umberto Agnelli nel 1976 decise di candidarsi al Senato nelle liste della DC, Donat Cattin volle e ottenne che il fratello di Gianni Agnelli venisse candidato a Roma, non sopportando l’idea che nelle liste della Democrazia Cristiana Piemontese fosse candidato un Agnelli.
Io l’ho conosciuto bene. Negli Anni ’70 lessi su Il Giorno un’intervista che Marco Nozza gli fece sotto l’ombrellone. Donat Cattin in vacanza raccontò delle sue letture, e si espresse in modo straordinariamente positivo su un libro: “Un po’ di febbre” di Sandro Penna. Mi precipitai a comprarlo, e scoprii uno dei più grandi poeti lirici del ‘900 italiano. Quando entrai in confidenza con Donat Cattin, anni dopo, gli domandai di quel giudizio sul libro di Penna, e lui mi disse che sin da bambino la sua passione intellettuale erano la storia, la letteratura e la poesia. Vicesegretario nazionale della Democrazia Cristiana (il segretario era Flaminio Piccoli) fu autore in quel congresso, che lo pose ai vertici del partito, del preambolo (un documento-manifesto politico che sanciva l’assoluta incompatibilità tra democristiani e comunisti nel governo della Repubblica, e apriva ancora una volta la solidarietà nazionale al Psi e ai partiti laici). Per questa ragione fu duramente bersagliato dal Pci. Donat Cattin rispose facendo un giro di conferenze come vicesegretario nazionale della DC sui finanziamenti occulti dell’Urss e delle cooperative rosse, che finivano nelle casse del Partito Comunista Italiano. Quando il figlio Marco fu coinvolto nell’assassinio del giudice Alessandrini, i comunisti si inventarono l’accusa al Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e a Carlo Donat Cattin di avere avvertito il di lui figlio Marco che per poco tempo fu latitante in Francia, prima di essere arrestato, processato e condannato. Fu in quella occasione che Donat Cattin rinunciò a tutti gli incarichi politici. Il Parlamento, in seduta comune, poco prima aveva processato il Presidente della Repubblica Cossiga e Donat Cattin per alto tradimento, prosciogliendoli da ogni accusa a larga maggioranza. Nonostante questo voto, come si è detto, Donat Cattin lasciò per un breve tempo la politica.
Quando nel 1987 fui eletto segretario provinciale della Democrazia Cristiana fiorentina con il 94% dei voti congressuali, alla prima manifestazione pubblica svoltasi al Teatro dell’Oriuolo a Firenze, invitai Carlo Donat Cattin. Fino alla fine della sua vita terrena, Egli come Francesco Cossiga, ebbe sempre un occhio di riguardo politico nei miei confronti. In questi giorni, è uscito il bel libro di Giorgio Aimetti, biografo e collaboratore politico del ministro piemontese, “Carlo Donat Cattin, la vita e le idee di un democristiano scomodo” (Rubbettino Editore). Un libro fatto molto bene e necessario per chi vuol conoscere la storia dell’impegno politico dei cattolici nella Democrazia Cristiana.