Antiche radici dell’etica finanziaria
Nel libro si fa riferimento anche a termini finanziari che fanno drizzare l’orecchio a chi ha letto qualche pagina di Vangelo, anche se tra Gesù e il contesto descritto da Marginesu ci sono più di cinque secoli di distanza. L’unità monetale fondamentale dell’epoca aurea di Atene è la drachma. L’obolo valeva un sesto di dracma. Cento dracme fanno una mina (la mente corre appunto alla parabola delle mine). Seimila dracme fanno un talento (sorgono tante reminiscenze evangeliche tra cui la parabola dei talenti e la parabola del servo spietato). Millequattrocento talenti è la spesa dell’assedio di Samo e anche il costo medio annuale della guerra del Peloponneso. L’intero Partenone costò 500 talenti mentre la statua crisoelefantina di Atena ne costò 1.000 (infatti per quest’ultima spesa sorse uno scandalo). Fra il 433/32 e il 423/22 a. C., ossia in dieci anni, i tesori sacri prestarono ad Atene ben 5.599 talenti. Pur sapendo che tempi e luoghi sono molto diversi, impallidiamo un po’ quando Gesù in una parabola ci racconta che un solo piccolo singolo servo doveva al padrone 10.000 talenti! È un po’ difficile rifondere Dio di tutto quello che ci ha dato.
Come magistralmente mostrato nel testo di Marginesu, l’etica finanziaria ha radici con ramificazioni molto lontane nel tempo.