di Giovanni Campanella · Nei primi giorni di novembre 2021, la casa editrice Cairo ha pubblicato un libro intitolato Il dialogo del sorriso e scritto da don Antonio Mazzi.
«Don Antonio Mazzi (Verona 1929) viene ordinato a Ferrara sacerdote nella Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. Già da subito approfondisce gli studi di pedagogia e psicologia dell’età evolutiva e della disabilità frequentando corsi di specializzazione in Italia e all’estero. Negli anni ha ricevuto quattro lauree ad honorem in pedagogia. Dal 1955 al 1984 è stato responsabile di diverse iniziative di assistenza e formazione per giovani con problemi di disagio, in collaborazione con istituzioni pubbliche e università. Nel 1989 gli viene assegnata la Cascina Molino Torrette all’interno del Parco Lambro di Milano, che diventa la prima sede storica del Progetto Exodus e dove tuttora abita, gestendo e coordinando direttamente le attività della Fondazione. È giornalista professionista e autore di numerosi libri» (terza di copertina).
In questo libro, l’autore condensa in piccole piacevoli poesie i suoi pensieri su varie tematiche. Da trentacinque usa questo stile, anche con i suoi ragazzi ed educatori. La delicatezza è la cifra che lega tutta lo scritto, per ribadire l’importanza dello spazio e del rispetto da riservare alle idee altrui, del confronto aperto, dello scambio nel quale è meraviglioso ascoltare e imparare. Aggredire, prevaricare, parlare con prepotenza, «urlare le proprie certezze è una sconfitta della capacità umana di comunicare» (seconda di copertina).
Don Mazzi comincia con una bella riflessione sull’enciclica Fratelli tutti. Questo “tutti” di Papa Francesco sembra raccogliere proprio tutti, tutti, anche gli atei. Il novantaduenne presbitero ricorda alcune parole di Teresa di Lisieux e di Simone Weil e si spinge verso considerazioni audaci. La santa di Lisieux:
«a un passo dalla morte, descrivendo Dio che la conduceva in uno spazio sotterraneo, dove non splende più nessun sole, dichiara di sentire gli atei come fratelli e Lo supplica di non scacciarla dalla loro tavola, dove mangiare lo stesso pane. Ma questo “tutti” di papa Francesco tocca anche questi amori impossibili, eretici e santi? Anche Simone Weil ha avuto il coraggio di dire: “Una delle gioie più preziose dell’amore umano è servire l’amato senza che lo sappia e, nel caso dell’amore di Dio, è possibile solo attraverso l’ateismo”.
La lettera ce l’ho ancora chiusa qui sopra al tavolo. Forse mi sono spinto troppo avanti, e queste situazioni che mi tenevo dentro da tempo hanno avuto il sopravvento. È meglio fermarsi sulla soglia? Cioè ai poveri, agli scartini, ai cristiani superficiali oppure nel cuore di questo Papa è arrivato il momento non solo di cambiare qualcuno tra le sacre mura, ma anche di rielaborare il misterioso e l’inquietante che la nostra fede ci fa subodorare? Perché, tra le righe, pare che non si tratti di trascinare gli atei nel cuore della Chiesa, ma di allargare quel cuore accogliendo anche la loro esperienza, conquistando così un nuovo territorio e i suoi abitanti» (pp. 12-13).
La lunga esperienza di don Mazzi tra persone scartate, sofferenze profonde e grandi ferite lo porta a fare toccanti riflessioni e a dire che, nonostante tutto, l’abbraccio del Signore è più forte, il sorriso di Dio è più luminoso di ogni tenebra.