Virtù sprigionate dall’emergenza
di Giovanni Campanella · Nel mese di novembre 2020, la casa editrice Garzanti ha pubblicato, all’interno della collana “Saggi”, un libro intitolato Le cose che non ci diciamo (fino in fondo) e scritto da Ferruccio de Bortoli.
«Ferruccio De Bortoli è nato a Milano il 20 maggio 1953. È stato direttore del “Corriere della Sera” e del “Sole 24 ore”, amministratore delegato di RCS Libri e presidente della Flammarion. Dal 2015 è presidente della casa editrice Longanesi e dell’associazione Vidas. È oggi editorialista del “Corriere della Sera” e, in Svizzera, del “Corriere del Ticino”» (terza di copertina).
In questo libro, il nostro autore esamina alcuni problemi che spesso sono sottaciuti nel dibattito pubblico, tra cui gli svantaggi dei sussidi non produttivi, l’arretratezza del nostro capitale umano e della nostra cultura scientifica e un antieuropeismo populista privo di solide ragioni economiche. Allo stesso tempo, però, evidenzia i punti di forza dimostrati dalla gente del nostro Paese da nord a sud nelle dure settimane di autoreclusione. Dimostra alla fine che esistono buoni motivi per tornare ad avere fiducia nel domani, autentico propellente per una forte ripresa nazionale.
Nel corso della trattazione, de Bortoli si scaglia di frequente contro la crescita del debito pubblico. A prima vista, de Bortoli non sembrerebbe un “keynesiano” nel senso popolare del termine. Nel primo e nel quarto capitolo, stigmatizza l’imprudente proliferare di sussidi e bonus a favore di pochi e inerti e a sfavore di tutta la collettività. Va detto però che il libro osserva la situazione italiana nel 2020, prima che Mario Draghi diventasse premier. E si sa che anche a Mario Draghi sta molto cuore la distinzione tra debito “buono” ossia produttivo e debito “cattivo”.
Molti sono gli elementi positivi che inaspettatamente hanno fatto da argine contro i danni della pandemia, primo fra tutti l’emergere della solidarietà tra italiani ma anche tra nazioni (de Bortoli ricorda che la Germania ha accolto molti pazienti italiani in terapia intensiva nei propri ospedali di Colonia e Francoforte, provvedendo al trasporto con i propri militari), alla faccia dell’abbondante retorica del “possiamo farcela da soli” di certa politica. Per la verità, all’inizio c’è stata più di un’incomprensione e qualche aiuto è risultato solo “di facciata”. Tuttavia, molti nel silenzio hanno dato il loro preziosissimo apporto, vicenda tanto più straordinaria considerando i tempi di incipiente individualismo in cui viviamo.
«I volontari evangelici di Samaritan’s Purse hanno eretto a Cremona, in 36 ore, un efficiente ospedale da campo con 68 posti letto. Ma non sono certo andati in televisione a vantarsene. Il loro team leader, Bev Kauffeldt, è rimasto un perfetto sconosciuto. La sua squadra, composta anche da tedeschi, inglesi, australiani e canadesi, oltre che da americani, ha lavorato in silenzio. Come gli alpini a Bergamo. Encomiabili. Quando hanno detto ai volontari di Samaritan’s Purse di andare a Cremona non sapevano nemmeno dove fosse sulla cartina geografica. Qualcuno pensava alla Svizzera. E quando si è trattato di smontare, il 9 maggio, la struttura che ha curato 300 pazienti, non hanno fatto alcuna cerimonia» (p. 32).
Nell’ultima pagina della trattazione, de Bortoli accenna alla preghiera di papa Francesco del 27 marzo 2020 in una Piazza San Pietro suggestivamente vuota, in cui il Papa faceva appello a discernere ciò che è essenziale.
«Penso che ogni cittadino, anche non credente, dovrebbe prendere quelle parole del pontefice e scriverle su un altro post-it, messo in bella vista. Da leggere ogni giorno. La cura della casa comune è al centro dell’enciclica Laudato si’ e anche della più recente Fratelli tutti. Nei mesi della quarantena gli italiani nel complesso hanno dimostrato di saperla curare la casa comune, di avere a cuore la salute pubblica. Ora si tratta di non disperdere quell’immenso capitale sociale ritornando a coltivare i difetti di sempre. E dimenticare così le virtù sprigionate dall’emergenza» (p. 142)