Jaime Luciano Antonio Balmes y Urpiá

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Il titolo in italiano è Osservazioni sociali politiche ed economiche sui beni del clero. Il titolo originale è invece Observaciones sobre los bienes del clero. Il piccolo libretto è stato scritto da don Jaime Luciano Antonio Balmes y Urpiá nel 1840.

Giacomo” (come viene chiamato nel mio libretto) Balmes nacque in Catalogna, nella citta di Vich, vicino a Barcellona, il 28 agosto 1810. Morì a soli 38 anni, il 9 luglio 1848, nella stessa città di Vich. Ebbe quindi una vita breve ma intellettualmente molto intensa. Era un presbitero, filosofo, teologo, apologista e scrisse anche trattati di politica. Ferratissimo sul pensiero di san Tommaso d’Aquino, fu un filosofo originale e non inquadrabile in una corrente o scuola particolare. Un secolo dopo la sua morte, fu qualificato principe dell’apologetica moderna da Pio XII. Balmes fu anche professore di matematica a Barcellona. Intraprese vari viaggi in Europa. In uno di questi, giunse in Belgio dove conobbe mons. Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci (1810-1903), suo coetaneo (ma ebbe una vita assai più lunga) e futuro papa Leone XIII (fu eletto nel 1878). Agli inizi del 1900 furono fondate a Barcellona la Biblioteca Balmes e la Fundació Balmesiana, tra i cui scopi principali c’è quello di diffondere le idee e la filosofia di Jaime Balmes.

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Nel suo breve scritto, Balmes ripercorre sinteticamente la storia della Chiesa, evidenziando i benefici che questa ha apportato con le sue proprietà alla società da Costantino in poi. La Chiesa è composta da peccatori, anche da grandi peccatori…. da uomini fragili, talvolta moralmente fragilissimi. Ma siamo sicuri che gli svantaggi siano stati in numero superiore rispetto ai vantaggi? È stato soccorso un numero incalcolabile di indigenti, infermi e deboli, per non parlare della grande opera di istruzione delle masse. Le proprietà garantiscono stabilità e indipendenza, necessarie per dare continuità alle proprie opere e per non rimanere succubi di eventi e personalità negative (ciò d’altra parte non è bastato perché, anche dopo le persecuzioni anticristiane dei primissimi secoli, molti papi hanno dovuto subire prigionie e/o peggio). Di fronte alla ferocia distruttiva delle invasioni barbariche, monasteri e istituzioni ecclesiastiche sono state talvolta l’unico argine alla deriva umana, morale e culturale. Molta cultura non cristiana del passato è stata conservata grazie alla difesa e al lavoro di membri della Chiesa. Nel Medioevo, il potere ha corrotto anche svariati esponenti delle istituzioni ecclesiastiche ma, altre volte, alcune personalità della Chiesa sono stati anche qui il solo muro contro lo strapotere di certi grandi feudatari. Con l’emergere del protestantesimo, il quadro si fa oggettivamente più frastagliato e complicato.

Balmes denuncia gli incalzanti attacchi alle proprietà del clero. Talvolta si offrono indennizzi risibili. Spesso certe chiese sono tutt’altro che ricche, oberate da debiti. Riguardo a questo, Balmes ritiene che Mendizábal abbia fatto figurare un minore ammontare del deficit del clero rispetto al valore reale. Avverte che queste confische non porteranno benefici al popolo ma aumenteranno la disparità di ricchezza, che sarà appunto concentrata nelle mani di pochi grandi capitalisti. Sul finire, il nostro prete spagnolo avanza un dubbio: non sarà che queste confische renderanno più fragile il diritto di proprietà in generale? Potrebbe accadere che questi provvedimenti si ritorcano contro i loro stessi fautori. Qualcuno più in basso nella scala sociale rispetto ai governanti borghesi del tempo (questi governanti borghesi collegavano la Chiesa ai nobili e all’ancien régime che volevano rovesciare) potrebbe decidere in futuro di usare la stessa logica espropriativa con chi sta sopra.

«Lo meditino ben bene quegli uomini delle classi elevate, que’ ricchi proprietari, quei grandi mercadanti dai quali dipenderà sicuramente che si porti ad effetto lo spogliamento del clero. Se disprezzate occasione sì opportuna ad impedirlo, come è quella che vi offre il trovarvi sugli scanni delle Cortes, e nel momento in cui il governo va a consultare quale sia su di ciò la vostra volontà, se lo provocate, se’l consentite, e se in alcuno dei torbidi della rivoluzione si alzano un dì migliaia di braccia armate di pugnale, con la face e la teda incendiaria, se a nome della libertà, della eguaglianza, della utilità pubblica, del miglioramento delle classi inferiori, della maggior circolazione, della più equa ripartizione delle ricchezze, si lanciano su i vostri capitali e averi, che direte loro? Al tribuno che capitaneggi la turba feroce, qual risposta darete, quando vi ricordi egli ciò che faceste col clero? La sua logica sarà terribile perché poggierà sul proprio vostro esempio: Io vi spoglio, ma voi me lo avete insegnato» (pp. 160-161)