«Libro dell’origine di Gesù Cristo»
L’evangelista raccoglie di seguito una lunga lista di nomi in senso discendente, a cominciare da Abramo, dividendoli in tre serie di quattordici, come dice esplicitamente più avanti: «tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici» (Mt 1,17). Ed è sempre Matteo a stabilire il criterio di ripartizione di questo triplice elenco a base «quattordici»: la vicenda della deportazione avvenuta nell’anno 586 a.C. Anche se in realtà le generazioni sono tredici nella prima serie, quattordici nella seconda, e solo dodici nella terza. questo non cancella il numero evidenziato.
Nel parallelo Vangelo di Luca il racconto delle generazioni è narrato in senso ascendente, solo dopo il racconto del battesimo di Gesù: questi «quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, … figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio» (Lc 3,23-38). In questo caso si tratta di settantacinque nomi, fino ad arrivare nientemeno allo stesso Dio, contro i quarantadue nomi di Matteo – in realtà trentanove –, che iniziano da Abramo: questi nella lista del terzo vangelo è solo il ventunesimo.
Queste figure femminili rompono il lungo, quasi monotono, uniforme susseguirsi dei nomi di uomini. Esse rendono evidente l’irregolarità e la discontinuità di un cammino non sempre irreprensibile.
Prosegue il testo: «Booz mangiò, bevve e con il cuore allegro andò a dormire accanto al mucchio d’orzo. Allora essa venne pian piano, gli scoprì i piedi e si sdraiò» (Rt 3,6-7). Allo stupore di Booz, Rut risponde: «“Sono Rut, tua serva. Stendi il lembo del tuo mantello sulla tua serva, perché tu hai il diritto di riscatto”. Egli disse: “Sii benedetta dal Signore, figlia mia! Questo tuo secondo atto di bontà è ancora migliore del primo, perché non sei andata in cerca di uomini giovani, poveri o ricchi che fossero. Ora, figlia mia, non temere! Farò per te tutto quanto chiedi, perché tutti i miei concittadini sanno che sei una donna di valore (Rt 3,9-11).
La legge del levirato rientra anche in questo racconto del breve libro di Rut: «Booz generò Obed, Obed generò Iesse e Iesse generò Davide» (Rt 4,21-22).
L’evangelista, tuttavia, conclude la lunga lista di nomi con uno snodo inatteso: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16). Il racconto di Matteo così annota: «così fu generato Gesù Cristo [lett. «l’origine di Gesù era in questo modo»]: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo» (Mt 1,18).
Così, anche Maria appare in questa lista: di fatto è lei che interrompe definitivamente l’elenco di uomini, che generano altri uomini. Questo nodo umanamente inestricabile viene rivelato a Giuseppe dalle parole dell’angelo, che gli appare in sogno: «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20).
L’umanità, nella sua aggrovigliata connessione tra bene e male, è la trama sulla quale si intesse la generazione umana del Figlio di Dio. Matteo ne è consapevole e lo sottolinea con forza: «senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (Mt 1,25).
Lo stesso numero «quattordici», ripetuto tre volte, è significativo al riguardo. Fra le interpretazioni possibili, infatti, questa cifra risulta la somma dei tre numeri 4+6+4, a loro volta l’equivalente delle tre consonanti ebraiche che compongono il nome del re Davide: D+W+D [däwìd].
In conclusione, il discendente di Davide, suo “figlio”, ma è il “vero Davide”: colui che assume totalmente questa umanità debole e fragile per salvarla. Lo indica il suo stesso nome, consegnato ancora a Giuseppe: «tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).