Le associazioni di vita consacrata nella competenza del nuovo Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita
di Francesco Romano • Il nuovo Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita (LFV) viene istituito il 15 agosto 2016 da Papa Francesco con lettera apostolica in forma di motu proprio “Sedula Mater” che comporta la cessazione definitiva dei Dicasteri per i Laici e la Famiglia e, parimenti, l’abrogazione dei rispettivi articoli 131-134 e 139-141 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus (PB) mentre la Pontificia Accademia per la Vita rimane connessa al nuovo Dicastero conservando la sua attuale configurazione organica e funzionale.
In precedenza il 4 giugno 2016 il Pontefice aveva approvato ad experimentum lo Statuto del nuovo Dicastero LFV. Il punto su cui soffermiamo la nostra riflessione è l’art. 7 §2 dello Statuto in cui viene disposto che il Dicastero LFV riguardo ai Terzi Ordini secolari e alle “associazioni di vita consacrata” cura soltanto ciò che si riferisce alla loro attività apostolica. La novità rispetto all’abrogato art. 134 della Cost. Ap. PB è aver inserito nello Statuto del nuovo Dicastero le “associazioni di vita consacrata” che ricadono ora nella sua competenza per ciò che si riferisce alla loro attività apostolica.
L’art. 111 della PB, ancora in vigore, include accanto ai terzi ordini le associazioni di fedeli come tali, senza nessun riferimento alla consacrazione di vita, per affermare la competenza della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica (CIVCSVA) qualora dette associazione vengano erette con l’intento di diventare successivamente istituti di vita consacrata.
Delgado Galindo nel suo commento allo “Statuto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita (4 giugno 2016)” e alla “Lettera Apostolica in forma di motu proprio Sedula Mater (15 agosto 2020)”, a proposito dell’art. 7 §2 dello Statuto vi scorge “qualche dubbio interpretativo” e si domanda “quali siano queste così dette associazioni di vita consacrata di cui il Dicastero curerebbe soltanto la loro attività apostolica”. L’art. 134 della PB faceva questa precisazione soltanto per i terzi ordini secolari. “Sarebbero quelle [associazioni di fedeli] erette con l’intento di divenire in futuro un istituto di vita consacrata o una società di vita apostolica? Oppure altre realtà aggregative laicali i cui membri, in tutto o in parte, assumono i consigli evangelici?” (cf. Ius Ecclesiae 28 (2016) 712-713).
Altro interrogativo lo pone l’illustre professoressa e giurista Raquel Pérez Sanjuán che scorge nell’art. 7 §2 dello Statuto “una nueva forma juridíca con autoridad compartida entre la CIVCSVA, que las erigería y aprobaría sus estatutos, y el Dicasterio para los laicos, la familia y la vida, que se ocuparía de las cuestiones relativas su actividad apostolica”. Anche lei avverte la presenza di una dubbia interpretazione dal momento che lo Statuto per indicare le “associazioni di vita consacrata” usa una formulazione estranea al Diritto universale che risulterebbe dalla fusione di due termini “associazioni di fedeli” e “istituti di vita consacrata”, domandandosi se non ci sia spazio per pensare in questa o in altre opzioni a quelle associazioni distinte dagli istituti di vita consacrata e società di vita apostolica (cf. can. 298) i cui membri assumono elementi propri della vita consacrata contemplati nella parte 3ª del Libro II del CIC (cf. R. Pérez Sanjuán, Asosiaciones de fieles y consagración: a propósito del art. 7 del Estatuto del Dicasterio para los Laicos, la Familia y la Vida, in Estudios eclesiásticos, 93(2018) 875-892).
Il Codice di Diritto Canonico individua e distingue nella vita consacrata le componenti teologiche (can. 573 §1) e gli elementi giuridici (can. 573 §2), cioè i requisiti formali affinché l’Autorità ecclesiastica riconosca un Istituto di vita consacrata. Le “associazioni di vita consacrata” di cui all’art. 7 §2 dello Statuto del Dicastero LFV, sono associazioni di fedeli privi dei requisiti formali e giuridici della vita consacrata in senso canonico, necessari per l’approvazione istituzionale (can. 573 §2), ma non si può negare che possano avere in qualche misura le componenti teologiche essenziali. La pratica stabile dei consigli evangelici da parte degli ascritti a una associazione di vita consacrata lascerebbe adombrare una differenza sostanziale rispetto alle semplici associazioni di fedeli di cui al can. 298.
Da queste veloci considerazioni preliminari si intuisce che un’associazione di fedeli legata al diritto naturale e alle esigenze battesimali, costituitasi con l’intento di perseguire finalità ecclesiali come il culto, la carità, l’evangelizzazione, l’insegnamento ecc., fa parte di quell’associazionismo bene regolamentato dal CIC (cann. 298-329) di cui fa menzione PB agli artt. 111 e 134.
È di tutta evidenza che la formula “associazione di vita consacrata” introdotta nell’art. 7 §2 del Dicastero LFV non sia una svista o una etichetta di fantasia, ma intende rappresentare una realtà che di fatto già esiste in modo diffuso. Si tratta infatti di associazioni di fedeli suscitate da un carisma originario per perseguire un progetto di vita evangelico come scelta stabile di vita totalmente donata, a differenza delle ordinarie associazioni di fedeli che danno il contributo con la loro partecipazione come un impegno contrattuale assunto in modo non primario tra gli altri impegni della propria vita.
Questi elementi teologici presenti nelle “associazioni di vita consacrata”, condivisi con quelli degli Istituti di vita consacrata (can. 573 §1), le differenziano dal mondo dell’associazionismo ordinario della Chiesa avvicinandole alle forme istituzionali di vita consacrata approvate, anche se la loro natura canonica resta profondamente diversa. La consacrazione battesimale è il terreno su cui nasce e cresce la consacrazione che avviene per mezzo della professione o l’assunzione dei consigli evangelici, ma questa si differenzia per essere una specifica vocazione divina, che non appartiene a tutti i battezzati, per seguire Dio più da vicino, dedicarsi totalmente a Lui per l’edificazione della Chiesa e la salvezza del mondo e divenire segno luminoso che preannuncia la gloria celeste.
La consacrazione al di fuori delle forme approvate di vita consacrata appare come una forzatura tollerata, in particolare se riferita al mondo multiforme dell’associazionismo (cf. can. 298). Eppure la diffusione crescente di queste esperienze di consacrazione ha avuto come antesignane le società di vita apostolica che sono semplicemente assimilate (accedunt) agli Istituti di vita consacrata perché con essi hanno in comune un elemento essenziale che è la “vita fraterna in comunità” e la tensione verso “la perfezione della carità mediante l’osservanza delle costituzioni” (can. 731 §1) e non mediante la professione dei consigli evangelici (can. 573 §1). Tuttavia, il Legislatore ha previsto che anche nelle società di vita apostolica (SVA), non riconosciute come forme istituzionali di vita consacrata, vi sia la possibilità di assumere i consigli evangelici “con qualche vincolo definito dalle costituzioni” (can. 731 §2) da permettere ai loro membri di vivere effettivamente una vita consacrata in senso teologico con la presenza delle componenti teologiche essenziali della vita consacrata e con la pratica stabile dei consigli evangelici assunti con vincoli diversi, benché prive degli elementi giuridico-canonici necessari per ottenere il riconoscimento di istituto di vita consacrata. Per questo possiamo dire con certezza che in questi casi il fedele è teologicamente consacrato per la pratica stabile dei consigli evangelici e non per il tipo vincolo con cui sono assunti.
Lo status di vita consacrata canonicamente riconosciuto è riservato alle forme istituzionalmente definite dal Codice per quei fedeli che professano o assumono i consigli evangelici con un vincolo “sacro” come carisma collettivo negli Istituti di vita consacrata o nelle forme personali della vita eremitica, mentre le vergini consacrate si impegnano con il sacro proposito.
La pratica dei consigli evangelici si realizza sia che si inserisca in una forma di vita consacrata approvata sia che essi vengano assunti privatamente, e per questo riconosciuti solo nell’ambito del fòro interno, ma perché si possa parlare di vita consacrata è necessario che i voti o i vincoli sacri con cui si professano i consigli evangelici debbano essere “conosciuti” o “sanciti” dalla Chiesa (can. 207 §2). Il valore pubblico dei vincoli sacri riconosce e introduce i fedeli in un nuovo status dal quale derivano effetti giuridici di natura pubblica. Si potrebbe prendere come esempio l’impedimentum voti dirimente il matrimonio che produce nullità matrimoniale solo per coloro che sono vincolati dal voto pubblico e perpetuo di castità emesso in un istituto religioso (can. 1088).
Si può parlare di vita consacrata solo se si ha una forma stabile di vita con la pratica dei consigli evangelici assunti mediante vincoli sacri giuridicamente riconosciuti.
Si deve ancora sottolineare che i vincoli sono definiti “sacri” solo se sono professati o assunti nelle forme approvate di vita consacrata. Per le SVA il Codex omette l’aggettivo “sacro” parlando più genericamente di “qualche vincolo” definito dalle costituzioni (can. 731 §2). Nelle SVA il fedele è teologicamente consacrato per la pratica effettiva e stabile dei consigli evangelici, ma non in forza del vincolo con cui sono assunti. Gli impegni giuridici non possono essere considerati vincoli “sacri” perché la Chiesa li riserva solo agli Istituti di vita consacrata. Tuttavia questi vincoli non riconosciuti come “sacri” comportano la consacrazione a Dio, ma la promessa dei consigli evangelici è fatta alla SVA di cui fanno parte, come in un contratto bilaterale, che liberamente li introduce nelle proprie costituzioni, ma non a nome della Chiesa, come avviene nel caso dei voti e vincoli sacri (can. 1192 §1), non richiesti come elemento essenziale in quanto lo status di vita consacrata non è l’identità che caratterizza coloro che vengono incorporati alla SVA (can. 731 §1). Infatti le SVA sono altra cosa dagli istituti di vita consacrata ai quali sono solo assimilate, “accedunt” (can. 731 §1).
Allo stesso modo, le associazioni di fedeli, anche nella nuova accezione di “associazioni di vita consacrata” previste dall’art. 7 §2 del Decreto LFV, non permettono ai loro membri di entrare nello status canonico di vita consacrata, nonostante il nome dell’associazione lo alluda. Gli impegni che i fedeli assumono nelle associazioni non possiedono il riconoscimento istituzionale di vincoli sacri che è riservata nel Codex alle forme istituzionalmente definite. Sapientemente così si esprimeva la compianta canonista Silvia Recchi: “la natura dell’associazione, sia pubblica che privata, non è stata pensata per offrire un contenitore canonico a delle forme possibili di vita consacrata”.
Le componenti teologiche carismatiche essenziali alla vita consacrata spesso si trovano presenti anche nelle associazioni di fedeli, ma non possono essere mancanti quei requisiti formali giuridici per essere annoverati e avvicinati alla vita consacrata dall’autorità ecclesiastica.
Un appiattimento che porti all’indifferenziazione tra “vita consacrata”, alla quale introducono le forme istituzionalmente approvate, e la “consacrazione di vita” delle associazioni, giuridicamente diversa da quella strutturata negli istituti di natura canonica, finirebbe per sminuire il significato ecclesiale che è all’origine dell’associazionismo nel modo voluto dal Legislatore. Queste associazioni di vita consacrata sono portatrici di un carisma collettivo, di un progetto evangelico, di una testimonianza pubblica, ma dentro a un contenitore giuridico che resta fuori dall’ambito istituzionale della vita consacrata, permettendo a quei fedeli che vi aspirano di accedere a una qualche forma di consacrazione di vita, ma senza entrare in una forma stabile di vita consacrata.
All’origine di un istituto di vita consacrata di solito vi è l’esperienza fatta come associazione di fedeli in cui vengono assunti privatamente i vincoli sacri, ma la sua evoluzione necessita sempre di rientrare in contenitore giuridico appropriato che la Sede Apostolica riconosce e approva sotto la forma di vita consacrata a cui è connesso lo status di vita consacrata.
La forma di vita consacrata non deve essere ridotta a mera formalità giuridica, ma è l’insieme delle solennità giuridiche con cui la Chiesa tutela il bonum Ecclesiae al quale appartiene lo status personarum. Si pensi ad esempio a quanto avviene con lo status coniugale il cui ingresso è tutelato dal Diritto universale con specifiche norme che definiscono la forma canonica della celebrazione del matrimonio (cf. cann. 1108 e ss.). Lo scambio del consenso matrimoniale con cui gli sposi danno e accettano reciprocamente se stessi con patto irrevocabile per costituire il matrimonio (can. 1057 §2), deve essere posto in un contenitore giuridico che è la forma della celebrazione data per preservare lo status coniugale da altre tipologie di unioni non assimilabili al matrimonio sacramento o semplicemente canonico come avviene per il matrimonio celebrato con rito civile, le unioni civile, le libere convivenze ecc.
Stessa cosa dicasi per l’ingresso nello status clericale e la specifica distinzione dei gradi al suo interno che il Legislatore tutela e garantisce con un “contenitore giuridico”, la forma canonica, come il requisito del sesso maschile e, ovviamente il battesimo, prescritti ad validitatem (can. 1024) e l’osservanza del rito prescritto dai libri liturgici per ciascun grado (can. 1009 §2).
Queste associazioni di vita consacrata che ci vengono presentate dall’art. 7 §2 dello Statuto del nuovo Dicastero LFV, che ne cura soltanto ciò che si riferisce alla loro attività apostolica, si presentano adatte ad accogliere quei fedeli che aspirano a una consacrazione di vita senza entrare a far parte di uno stato di vita consacrata diversamente strutturato all’interno di forme di vita consacrata approvate dalla competente Autorità ecclesiastica. Allo stesso tempo esse ci pongono un interrogativo di ordine teologico-canonico sul concetto di vita consacrata e sulla definizione dei suoi elementi essenziali che saranno importanti anche per il discernimento delle “nuove forme” di cui si parla al can. 605.