Il «sogno» di Papa Francesco «di una società fraterna»

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di Leonardo Salutati · Fratelli tutti, la terza enciclica di Papa Francesco dopo Lumen Fidei del 2013 e Laudato si’ del 2015, si colloca nell’alveo della dottrina sociale della Chiesa cattolica e si presenta come una sorta di compendio dei vari interventi di Francesco in materia di pace, dialogo sociale e interreligioso, fraternità e politica.

Già nella Laudato Si’, Papa Francesco aveva riproposto la visione cristiana dell’uomo, che vede l’essere umano in relazione con Dio, con gli altri esseri umani, con sé stesso e con la creazione. In Fratelli tutti arricchisce questa visione approfondendo il tema del legame sociale e della comunità umana. Francesco è convinto che il legame sociale possa essere compreso solo unitamente al modo di vivere la casa comune, perché «Tutto è in relazione» (LS 70; 92) e non possiamo non «ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49).

All’origine dell’enciclica c’è il desiderio di condividere un sogno, concetto molto caro a Papa Francesco, un «nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (n. 6), da fare insieme «come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi (…) tutti fratelli» (n. 8). A questo proposito i primi cinquanta paragrafi evocano il frantumarsi dei sogni e dei progetti umani (nn. 10-14), l’esclusione di intere popolazioni dai benefici della globalizzazione (nn. 18-21), l’involuzione dei diritti umani, sempre meno universali (nn. 22-24), il sorgere di paure e conflitti (nn. 25-28), le disuguaglianze di fronte al progresso (nn. 29-30), le pandemie e la virtualizzazione della società (nn. 32-36), il dramma della migrazione (nn. 37-41), l’esplosione di odio e falsità sui social network e in politica (nn. 42-50), la nuova dominazione culturale (nn. 51-53). Un insieme di situazioni che potrebbero spingere a perdere la speranza, per questo Papa Francesco invita non demordere e a perseverare nella speranza (n 55), come i «tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura [durante la pandemia], hanno reagito donando la propria vita» (n. 54).

Prima di passare in rassegna i temi dell’enciclica, il Papa offre una meditazione sulla parabola del Buon Samaritano, tipicamente gesuita per l’insistenza sulla composizione di luogo, le reazioni di ogni personaggio e le sollecitazioni personali che ne derivano, concludendo: «è importante che la catechesi e la predicazione includano (…) il senso sociale dell’esistenza, la dimensione fraterna della spiritualità, la convinzione sull’inalienabile dignità di ogni persona e le motivazioni per amare e accogliere tutti» (n. 86).

Infatti, senza apertura agli altri, e in particolare a chi è diverso, non c’è possibilità di fraternità. In ogni essere umano c’è «una specie di legge di “estasi”: uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere» (n. 86). Questa visione richiama all’ospitalità, alla carità che rende possibile ricercare gratuitamente il bene dell’altro (n. 93), all’accoglienza delle sue fragilità e disabilità (n. 98). Il Papa chiama «amicizia sociale» l’amore che si estende al di là del proprio io e delle frontiere che, quando è genuina, «è condizione di possibilità di una vera apertura universale» (nn. 99-100).

Diversamente quando il principio fondamentale della dignità inalienabile di ciascuno «non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità» (n. 107). Per questo in Fratelli tutti si riaffermano i principi della solidarietà e della destinazione universale dei beni perché senza di essi nessuno sviluppo integrale, di ogni uomo e di tutto l’uomo, sarà possibile. Papa Francesco inoltre richiama con forza al rispetto dei diritti dei popoli perché tutte le nazioni sono corresponsabili dello sviluppo planetario. Ribadisce l’inequità di coloro che svuotano interi paesi delle loro risorse naturali con sistemi corrotti che ostacolano lo sviluppo dei popoli (n. 125), nonché della pressione del debito estero. Al riguardo ribadisce che, pur restando fermo il principio che ogni debito legittimamente contratto dev’essere saldato, il modo di esigere l’adempimento di questo dovere non può però compromettere la sussistenza e la crescita dei popoli come sta avvenendo (n. 126) .

La questione di una fraternità con tutti è complessa, basti pensare al fenomeno della migrazione (n. 129) o alle difficili relazioni tra Occidente e Oriente (n. 136), con il forte rischio di scivolare nell’astrattezza (n. 100; 128). Allo stesso tempo però «non è possibile essere locali in maniera sana senza una sincera e cordiale apertura all’universale, senza lasciarsi interpellare da ciò che succede altrove, senza lasciarsi arricchire da altre culture e senza solidarizzare con i drammi degli altri popoli» (n.146).

È l’ennesimo richiamo all’unità della famiglia umana così come appare nel progetto salvifico di Dio, che il magistero della Chiesa ha sviluppato in modo costante negli ultimi cent’anni, da Benedetto XV (Maximum illud del 1919) fino ad oggi. Diversamente dal modo umano di guardare alla realtà, la visione cristiana ultimamente rappresentata da Papa Francesco, è consapevole che in una società globale il bene comune e l’impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell’intera famiglia umana, ovvero della comunità dei popoli e delle Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell’uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio (cf. CV 7).

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Leonardo Salutati

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