di Andrea Drigani · Fino alla vigila del Concilio Vaticano II i Cardinali che erano a capo dei Dicasteri della Curia Romana o avevano incarichi speciali nella Santa Sede e nello Stato della Città del Vaticano, non erano vescovi ne lo diventano. Il requisito essenziale per ricevere la dignità cardinalizia, a tenore del can. 232 § 1 del «Codex iuris canonici» del 1917, era quello di essere preti. San Giovanni XXIII col Motu Proprio «Cum gravissima» del 15 aprile 1962 stabilì che tutti i cardinali dovevano essere ordinati vescovi. Tale disposizione è stata reiterata nel «Codex iuris canonici» del 1983 al can. 351 § 1. Tuttavia diversi cardinali creati nei concistori successivi al 1983, in particolare gli ultraottantenni, hanno chiesto di essere dispensati dal ricevere l’ordinazione episcopale. Tra questi sono da ricordare: Henry de Lubac, Yves Congar, Pietro Pavan, Hans Urs von Balthasar, Paolo Dezza, Mikel Koliqi, Alois Grillmeier, Leo Scheffczyk, Avery Dulles, Roberto Tucci, Tomas Spidlik, Albert Vanhoye, Urbano Navarrete Cortes, Umberto Betti, Domenico Bartolucci, Ernest Simoni. Per questi precedenti non avrebbe dovuto destare stupore la richiesta di padre Raniero Cantalamessa, cappuccino, Predicatore della Casa Pontificia, creato cardinale nel concistoro del 28 novembre 2020, di non essere ordinato vescovo. Il cardinale Cantalamessa ha, infatti, dichiarato: «Ho chiesto la dispensa al Santo Padre per due motivi, Il primo è che desidero essere frate cappuccino fino alla morte, mentre l’ordinazione episcopale mi metterebbe al di fuori del mio Ordine. Il secondo motivo è che l’episcopato non è un titolo onorifico, bensì una consacrazione per il servizio. E per diventare pastori, alla mia età, 86 anni, non potrei assumere alcun impegno del genere». Il can. 349 del vigente «Codex» afferma che i Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale. Dalla lettura del testo del canone non sembrerebbe evincere che i membri del Collegio Cardinalizio, per l’esercizio del loro ufficio, siano necessariamente vescovi. Anche nel caso che l’eletto al Pontificato Romano fosse privo del carattere episcopale il can. 332 § 1 (che ripete l’art.88 della Costituzione Apostolica «Romano Pontifici eligendo» emanata da San Paolo VI il 1 ottobre 1975) stabilisce che subito («statim») sia ordinato vescovo. Le dichiarazioni del cardinale Cantalamessa offrono però uno sollecitazione, interessante ed importante, per approfondire ulteriormente lo studio sulla natura teologica e canonica dell’episcopato; laddove, appunto, dice che l’episcopato non è un titolo onorifico, ma una consacrazione per il servizio pastorale. Vi è infatti la questione, non ancora del tutto chiarita, circa la nomina di un vescovo, invece che per una diocesi, per una sede titolare che non esiste, pure se tale nomina, di solito, può essere accompagnata dall’espletamento di un ufficio. Non va comunque mai dimenticato che ogni cardinale, anche se non vescovo, ha il dovere, come viene detto al momento dell’imposizione della berretta rossa, di essere pronto a comportarsi con fortezza usque ad sanguinis effusionem per l’incremento della fede cristiana, la pace e la tranquillità del popolo di Dio e la diffusione della Santa Romana Chiesa.