Due recenti discorsi del papa sull’Università

Il parallelo che può essere fatto tra i due discorsi, non consiste però solo nell’oggetto dei due interventi, sul senso cioè del mondo universitario oggi. Il parallelo si giustifica anche sulla base di tratti comuni, idee ricorrenti e immagini e lessico che si ripresentano con innegabile simmetria all’interno dei due discorsi. Il testo che presentiamo, cercherà di individuarne gli elementi più rilevanti e può essere considerato come una sorta di ideale prolungamento dell’articolo uscito due mesi fa (vedi) in questa rivista e dedicato al significato spirituale dello studio universitario.

Il discorso tenuto ai docenti e agli studenti della LUMSA pare maggiormente preoccupato di organizzare il messaggio che egli intende lasciare al mondo universitario. Lo si avverte in modo particolare nel momento in cui elenca quattro responsabilità della comunità accademica «in questa epoca in cui si accelerano i processi comunicativi, tecnologici e di interconnessione globale»: responsabilità di coerenza, responsabilità culturale e missionaria, responsabilità sociale e responsabilità interuniversitaria.

Ma c’è un punto ancora più interessante e che si presenta in entrambi i discorsi del papa. Si tratta per il mondo accademico di un auspicio, si direbbe, di un invito accorato: di un orizzonte generale in cui collocare i propri sforzi e di una meta da raggiungere. Il parallelo tra i due discorsi è qui costituito anche dalla presenza della medesima immagine: quella dei tre linguaggi, cioè, il linguaggio della mente, quello del cuore e quello delle mani. In qualche modo gli ultimi due linguaggi nella prospettiva di Francesco sono la correzione di un sistema accademico che potrebbe cadere nel pericolo dell’intellettualismo arido, e sono il modo concreto con cui la realtà accademica può adempiere al proprio compito più profondo e radicale.Lumsa