L’unione con Dio nella carne dell’altro
L’immersione in Dio e l’azione nella concretezza della realtà quotidiana, apparentemente contraddittori tra loro, sono due momenti di un unico movimento, che trova tra l’altro la sua “forma” esistenziale nel grande Santo d’Assisi, Francesco, il cui nome è stato scelto come proprio dal Papa: la forma della povertà di Cristo. Il Magistero odierno è di per sé carismatico: nella persona di Papa Francesco si invera quasi “ipostaticamente” quella relazione co-essenziale tra doni gerarchici e doni carismatici, messa in luce dalla Iuvenescit Ecclesia.
Senza soffermare l’attenzione sulla tradizione teologica, nella quale affonda le radici il pensiero di Papa Francesco (da Agostino d’Ippona a Basilio Magno, da Tommaso d’Aquino a Bonaventura, a Romano Guardini e a Paolo VI), si può continuare il filo del discorso vedendo come questa immersione in Dio nella concretezza della quotidianità chieda di compiere un’operazione molto particolare, che potrebbe essere descritta attraverso le parole di Edgar Morin: “ripensare il pensiero”. Non si tratta, in altre parole, di volgere lo sguardo in particolare su qualcosa di nuovo, ma di rivedere lo stesso modo di vedere, per riuscire a pensare e a comunicare in modo radicalmente nuovo.
Questa ontologia cristica e trinitaria che sottostà lo sguardo di Papa Francesco chiede alla Chiesa, sia un ripensamento del significato della carne, spesso censurata, in quanto essa, assunta dal Verbo divino, diventa la via di Dio, sia di allargare la propria interiorità. Questa è la nuova mistica che designa, spiega Coda, «lo spazio nel quale la relazione con Dio accade […] attraverso la relazione in Gesù con gli altri nel mondo. Così che l’interiorità si può e deve dire “allargata” – agli altri – e come tale inverata nella sua qualità di luogo d’incontro con Dio e, in Lui, con tutti e con ciascuno» (p. 98).
Si può intravedere in questa nuova mistica la portata sociale del Vangelo: «La mistica quale esperienza del Dio veramente divino nel suo accadere in Gesù non strappa dalla storia per annegare l’io nell’indefinito che resta indefinibile: ma è la linfa che fa scorrere il sangue di Dio nella carne del mondo» (p. 99).