di Giovanni Campanella • Il giornalista Francesco Peloso ha scritto per la Marsilio Editori un libro intitolato La banca del Papa – Le finanze vaticane fra scandali e riforma, uscito nel Maggio 2015. E’ un libro molto duro e veemente che non risparmia nessuno. Numerosi e interessanti sono i dati forniti sulla gestione economico-finanziaria dell’apparato ecclesiale universale e della Santa Sede in particolare. Tuttavia, anche se Peloso plaude ai cambiamenti attuati da Papa Francesco in favore di trasparenza e giustizia, la sua visione di Chiesa appare pessimista e mondana. La Chiesa è presentata come un oscuro coacervo di fazioni contrapposte che aspirano ad allargare la propria fetta di potere e influenza nei posti chiave della gerarchia. Ne emergono descrizioni disilluse e ciniche che talvolta sfociano nella banalizzazione. Non si può certo pretendere un’agiografia incensata ….. e indubbiamente la storia dello Ior è costellata di notevoli e numerosi macchie. Però si avverte nell’autore un velato diletto nell’indulgere sugli intrighi di potere intra ed extra-ecclesiali, anche un po’ per impressionare il lettore. I personaggi che descrive sono assai spesso monodimensionali, esclusivamente caratterizzati dalla propria ambizione.
Vero è che il denaro, se da una parte può e deve servire Cristo, dall’altra parte occorre che chi ne gestisce ingenti somme sia fortemente e specialmente abbracciato a Cristo. In tutte le epoche il denaro è sempre stato una “brutta bestia” da domare. Già in 1Tm 6,10 si afferma che «l’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali». E l’evangelista Giovanni ci avverte che il denaro contribuì a corrompere perfino uno dei Dodici (cf. Gv 12,6).
L’analisi di Peloso si concentra soprattutto, ma non solo, sullo Ior. Ricorda che «l’Istituto per le opere di religione, nato nel 1942 per dare gambe allo Stato vaticano sorto (o sorto nuovamente) grazie ai Patti lateranensi del 1929 stipulati fra il cardinale Pietro Gasparri e Benito Mussolini, ha avuto una vita lunga e travagliata. (…). Il gruzzolo iniziale dello Ior ricevuto in dotazione dallo Stato italiano, un miliardo e settecentocinquanta milioni di lire dell’epoca, fu messo insieme a partire dalle compensazioni che il governo fascista diede alla Chiesa per sanare la ferita inferta al papato dai piemontesi con la breccia di Porta Pia; oltre al denaro, peraltro, furono notevoli le cessioni immobiliari, in particolare nella capitale ma non solo» (pp. 42-43). «(…) dall’azione del suo primo presidente, il banchiere laico Bernardino Nogara, i soldi del Vaticano verranno investiti in una pluralità di attività economiche e societarie sorprendenti, a cominciare da quelle immobiliari» (p. 16).
Sono le vicende recenti della finanza vaticana ad essere maggiormente sotto la lente dell’autore. Egli individua tre botte fatali agli «equilibri interni alla Santa Sede. L’intervento del dipartimento di Stato americano, che individua nel Vaticano un soggetto a rischio riciclaggio internazionale; il blocco dei bancomat interni allo Stato del papa messo in atto dalla Banca d’Italia; la bocciatura da parte di Moneyval (l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta le normative antiriciclaggio dei vari paesi) della normativa vaticana sull’Aif, cioè l’Autorità d’informazione finanziaria. Quest’ultima – dopo la sua istituzione, giudicata positivamente a livello internazionale, alla fine del 2010 – era stata, con un successivo intervento legislativo, limitata nei poteri e nell’indipendenza di cui godeva e posta sotto il controllo politico della segreteria di Stato dal cardinale Bertone; a causa di questa marcia indietro, i poteri dell’Aif venivano fortemente ridotti e soprattutto, in base alla normativa internazionale, non poteva stabilire rapporti paritetici con le altre unità d’informazione finanziaria nel mondo (la cui natura istituzionale deve essere appunto quella dell’autonomia da altri poteri), diventando di fatto un organismo monco, incapace di funzionare e quindi inutile. (…). Per capire cosa accade concretamente, basti pensare che perfino ai Musei vaticani – oltre cinque milioni di visitatori all’anno di media – diventa necessario pagare in contanti; il blocco si estende infatti al sito internet, dove non è possibile acquistare biglietti con carte di credito; tutti i punti vendita interni al piccolo Stato – farmacia, spacci, benzinaio, e altri siti commerciali – sono pressoché fermi. E’ un danno economico e d’immagine pesantissimo» (p. 22-23).
Tutte queste vicende avvennero all’inizio del 2013, il che farebbe emergere almeno il sospetto che abbiano contribuito all’eclatante evento materializzatosi pochissimo dopo. «All’inizio del febbraio 2013 Benedetto XVI annuncia le sue dimissioni, che diventeranno effettive il 28 febbraio; il 15 – a sorpresa – nomina il nuovo presidente dello Ior, il banchiere Ersnt von Freyberg, dell’ordine dei Cavalieri di Malta, appartenente alla nobiltà tedesca. E’ una mossa che spiazza anche il suo segretario di Stato e, in effetti, nelle ore precedenti l’ufficializzazione della nomina, il 14 febbraio, sembrava fosse il banchiere belga Bernard De Corte l’uomo destinato a sostituire Ettore Gotti Tedeschi, dimessosi ormai dal maggio 2012. Da otto mesi lo Ior è senza presidente, le lotte intestine non hanno consentito di scegliere un successore in tempi rapidi (…). E Ratzinger, per la prima volta, fa da solo, non ascolta il suo braccio destro, al quale fino a quel momento non aveva mai tolto la fiducia nonostante la marea montante delle critiche, e va a scegliere il suo uomo in Germania, lontano dai rapporti e dai legami con il mondo finanziario italiano. Il poco conosciuto von Freyberg viene preso in giro dai media per essere il presidente del Blhom Voss Group di Amburgo, società che costruisce navi da crociera ma anche da guerra. (…). Si rivelerà invece la mossa giusta, messa a segno da Benedetto XVI in solitudine, quando l’estremo atto delle dimissioni – destinato a cambiare la storia della Chiesa – è già diventato un fatto pubblico» (pp. 66-67). Come intuibile, Peloso menziona spesso Bertone nel corso del libro, oltre a dedicargli tutta la prima metà del sesto capitolo.
Già dal 2012 inizia una grande operazione di pulizia che porta lo Ior a ridurre notevolmente la propria clientela. Nel 2012, l’Istituto ha 4.494 conti dormienti (cioè inattivi da più di 5 anni) e 20.772 clienti attivi; dunque più di 25.000 in totale. Nel 2014 ha 15.550 clienti, di cui circa 2.000 bloccati in attesa che forniscano tutti i dati richiesti. Così il totale dei clienti allontanati o in stand by ammonterebbe a 11.500.
All’inizio del 2014, Papa Francesco rinnova la commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior. Conferma solo Tauran e chiama Parolin, Schönborn, Collins e Santos Abril y Castelló, il quale «verrà successivamente nominato anche presidente della commissione cardinalizia dello Ior, incarico che, di conseguenza, non sarà più assegnato al segretario di Stato» (p. 107). Il pontefice chiama poi la società McKinsey a riorganizzare i media, Ernst & Young per la revisione economica dello Stato Vaticano, Kpmg per la riforma delle procedure contabili di tutti gli enti della Santa Sede, Promontory Financial Group per la ristrutturazione dello Ior e dell’Apsa (il dicastero-banca centrale del Vaticano), PriceWaterhouseCoopers e Deloitte per la revisione del bilancio dello Ior e per la ristrutturazione dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù e della fondazione Casa sollievo della sofferenza fondata da Padre Pio. Sempre nel 2014 la giustizia vaticana apre un indagine per peculato nei confronti di Angelo Caloia, presidente dello Ior dal 1989 al 2009, Lelio Scaletti, ex direttore generale, e l’avvocato Gabriele Liuzzo.
L’ultimo capitolo è tutto incentrato sulla visione sociale di Papa Francesco. «In un libro-conversazione scritto a quattro mani dall’ex arcivescovo di Buenos Aires con il suo amico argentino, il rabbino Abraham Skorka, e pubblicato in Italia subito dopo la sua elezione ma risalente a un periodo precedente» (p. 192) il futuro papa accusa chi vuole sanare i propri furti e loschi traffici con la beneficenza e anzi afferma che bisogna diffidare specialmente di tali cristiani. «C’è un detto di un predicatore dei primi secoli del cristianesimo che sostiene che dietro una grande fortuna si nasconde sempre un crimine. Non credo sia sempre così. Ma sono d’accordo con lei: alcuni credono di potersi lavare la coscienza con una donazione» (Bergoglio in Il cielo e la terra come citato da Peloso a p. 193).