«A Dio, cosa importa di me?» Le domande dei giovani, le risposte della fede

314 500 Stefano Liccioli
  • 0

denver93[1]di Stefano Liccioli • “S’intitola “A Dio, cosa importa di me?” il libro scritto dal sacerdote cremonese Marco D’Agostino e che racconta le vicende di Loris, un adolescente come tanti, alle prese con la vita ed i suoi problemi. L’autore mette in risalto le domande esistenziali che il ragazzo si pone, in particolare quelle sulla fede. Non a caso un brano del Vangelo con cui Loris si confronta è quello incentrato sull’episodio della tempesta sedata, quando gli apostoli, sulla barca insieme a Gesù, si rivolgono a Lui, impauriti dal forte vento, domandando:«Maestro, non t’importa che moriamo?». Anche il ragazzo infatti a più riprese si domanda se Dio si preoccupa veramente di noi, se gli stiamo a cuore e se sì, in che modo e misura. La storia letteraria di Loris ci dà l’occasione di affrontare, senza nessuna pretesa di esaustività e senza particolari riferimenti a dati statistici o teorie sociologiche, il tema del rapporto tra i giovani e la fede. Spesso si sente dire che i ragazzi e le ragazze di oggi sono indifferenti al problema religioso ed a conferma di questo viene sottolineata, ad esempio, la scarsa partecipazione alla Messa domenicale o che non sono interessati ai percorsi catechetici proposti da parrocchie o aggregazioni laicali. Sono tutti elementi realistici, ma, a mio parere, non necessariamente significano che nei giovani non ci sia più sete di trascendenza, anche perché dovremmo sviscerare i dati del passato (non troppo recente) che attestavano un buona, in termini numerici, pratica sacramentaria e capire però quanto questa partecipazione poteva essere veramente consapevole oppure in parte influenzata da abitudine o mero desiderio di aggregazione.

Alcuni anni fa Armando Matteo, già assistente ecclesiastico nazionale della FUCI, nel suo libro “La prima generazione incredula” affermava che i giovani di oggi sembrano non avere più “antenne per Dio” e ciò, secondo lui, perché «le famiglie di origine non hanno sbloccato/attivato il loro spirito alla dimensione della fede, della preghiera, della trascendenza […] e la nostra società sostanzialmente neopagana, è oramai dimentica dell’istanza di Dio ed insofferente nei confronti della Chiesa, ritenuta un’istituzione passata, pesante, petulante». In questo quadro, segnato evidentemente da una certa indifferenza da parte delle nuove generazioni nei confronti della fede (fatte salve le doverose eccezioni ed i segnali che vanno in senso contrario), che cosa fare?

Partendo dal fatto che non possiamo non evangelizzare, anche in questo contesto non favorevole, credo che la strada da seguire sia quella di coniugare la proposta cristiana con le domande di senso e la realtà che i ragazzi vivono. Per fare questo occorre stare con loro, in atteggiamento di ascolto, ma tracciando noi il percorso e non pretendendo risultati immediati. Se i giovani si fidano della loro guida, sono disposti ad aprirsi ed a parlare. Per esperienza personale è importante non dare loro risposte preconfezionate, ma presentare in maniera chiara e completa la Proposta cristiana, spiegandoli tutte le ragioni perché ai giovani piace scoprire la logica e l’autenticità delle cose. Ritengo che oggi più che mai ci sia bisogno di un annuncio del Vangelo, adattato all’età e creativo, ma allo stesso tempo diretto e radicale. In tal senso ho sempre trovato paradigmatico quello che San Giovanni Paolo disse (ed il modo in cui lo disse) ai giovani riuniti a Roma per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2000:«In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna».

image_pdfimage_print
Author

Stefano Liccioli

Tutte le storie di: Stefano Liccioli