Il primo incontro di don Corso Guicciardini con la Madonnina del Grappa.

di Carlo Parenti · Credo sia interessante sapere come il compianto don Corso Guicciardini conobbe l’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa. Riporto alcuni passaggi di un lungo racconto che ho avuto il dono di ascoltare da Lui:

Come ho conosciuto l’Opera? Prima non la conoscevo. Noi s’aveva la nostra vita, non frequentavamo né la parrocchia di Firenze, che era san Giuseppe, né l’Opera. Don Facibeni poi lo conoscevo per modo di dire. Non avevo al momento nessun rapporto con Lui. Quindi la conoscenza del Padre è avvenuta soprattutto attraverso la conoscenza e la condivisione della vita dell’Opera e delle sue difficoltà. All’Opera dunque ci andai per la prima volta durante l’estate del ’44 assieme a Carlo Zaccaro il quale raccolse una proposta di don Bensi che gli aveva detto: «Perché non andate a trovare i ragazzi orfani di don Facibeni ?» che erano sfollati nel Collegio Domengé Rossi in via Vittorio Emanuele II, a Firenze. Rossi aveva infatti invitato don Facibeni, per cercare di aiutarlo, a mandare lì dei suoi ragazzi, perché l’Opera era stata bombardata. Così in quella estate del 1944 in quel collegio conobbi l’Opera e un po’ il Padre. Non è che io mettessi un particolare impegno nel contattare don Facibeni, pur essendo amico di mio babbo, anzi da noi due non era una persona proprio ricercata. Noi s’andava lì per trovare questi ragazzi. Noi due la missione si fece insieme, anzi fu Carlo Zaccaro che mi condusse. Lui è stato il tramite di don Bensi. Ci eravamo infatti conosciuti da don Bensi. Serviva la messa la domenica, poi era facilmente riconoscibile, aveva la voce sonora. Era imponente! Da don Bensi io andavo a confessarmi il sabato. Carlo allora vestiva con un bel vestito di tela bianca, a doppio petto, calzini bianchi, sandali aperti. La mamma lo teneva bene! A quel tempo era fidanzato. Comunque è stato lui, che era chiamato il dotto’, a farmi conoscere i ragazzi e quindi l’Opera. Più tardi si è laureato in diritto agrario e lavorò. A trentatré anni si fece sacerdote dell’Opera. Poi divenne anche libero docente di diritto agrario col professore Gian Gastone Bolla che gli voleva un gran bene.

Tornammo ancora noi due soli – e basta – nel collegio del Rossi. Si andava, passavamo il tempo coi ragazzi che non erano tanti, circa una quindicina. In mezzo a loro c’era un sacerdote quasi novello, don Nello Pecchioli, il quale si era fatto sacerdote dell’Opera ed era il primo. Era di otto anni più vecchio di me. Io avevo venti anni precisi nel 1944 e lui ventotto. Carlo aveva ventidue anni ed era ancora in famiglia e studente. Quindi don Nello era giovane! Ma fervido, entusiasta, creativo! Non ci si mise molto, io e Carlo, ad innamorarci dell’Opera. Di servizio se ne faceva poco, ma si stava coi ragazzi. Una volta Carlo si allontanò, da noi che s’era in casa, e si avviò verso un vialetto. Lo seguimmo ma eravamo un po’ dietro. A metà vialetto Carlo staccò da un blocco notes un foglio e ci scrisse sopra. Lo ripiegò così a madonna [don Corso mimò il gesto] e quando solo io lo raggiunsi me lo consegnò chiedendomi di passarlo a don Nello. Io stavo accompagnandolo, ma non sapevo cosa ci fosse scritto. Sicché io tornai indietro, ma prima di consegnarlo a don Nello ebbi la curiosità di guardare cosa c’era scritto e lessi: «Don Nello preghi perché Corso venga nell’Opera – virgola – entri nell’Opera».”

Concludo (confessando che scrivendo sono sopraffatto dall’emozione di aver incontrato questi due giganti, maestri di Carità) con quanto ancora mi ha detto don Corso delle sue prime esperienze alla Madonnina del Grappa:

Penso a come era diversa la vita a cui aveva rinunciato il giovane Corso – accudito allora addirittura da un cameriere in un palazzo dove tra l’altro per preparare le delizie del palato, al posto della “sbobba”, c’erano un cuoco e un aiuto cuoco – per seguire il Vangelo.