Il segreto pontificio e gli abusi su minori e persone vulnerabili alla luce dell’Istruzione sulla «riservatezza delle cause» (17.12.2019)

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normadi Francesco Romano • Il Santo Padre Francesco il 4 dicembre 2019 ha stabilito di emanare il “Rescriptum ex audientia SS.MI con cui si promulga l’Istruzione sulla riservatezza delle cause”, pubblicato il 17 dicembre 2019.
Parlando di “riservatezza” occorre precisare che a diversi livelli viene richiesto di custodire il segreto su cose di cui si è venuti a conoscenza a diverso titolo che “se rivelate o se rivelate in tempo o in modo inopportuno, nuocciono all’edificazione della Chiesa o sovvertono il bene pubblico oppure offendono i diritti inviolabili di privati o comunità” (cf. Communio et progressio, 121).

L’inviolabilità assoluta del segreto riguarda il sigillo sacramentale a cui è tenuto il sacerdote confessore, senza eccezione alcuna, anche a costo della sua stessa vita, pena la scomunica latae sententiae. Vi è poi il normale segreto d’ufficio previsto dal can. 471, 2, oppure il segreto al quale sono tenuti i chierici per quanto sia stato loro confidato in ragione del sacro ministero, ma anche chi svolge una professione come medici, avvocati, magistrati ecc. In tal senso il diritto processuale canonico regola la capacità o meno di essere testimoni (cf. can. 1549) o chi può essere esentato dal rispondere come testimone (cf. can. 1548).

Un’altra tipologia di segreto che ha motivato il recente Rescritto con le nuove norme sulla riservatezza delle cause, è il “segreto pontificio”. La materia coperta dal segreto pontificio fu regolata da norme emanate con il Rescritto “Secreta continere” di Paolo VI il 4 febbraio 1974 che nel preambolo recita: “in alcune questioni di maggior rilevanza viene richiesto un particolare segreto, detto segreto pontificio che deve essere custodito con grave obbligo”. Si tratta di uno speciale dovere di riservatezza, assunto con una speciale formula di giuramento, tutelata dalla legge canonica e imposta a una determinata categoria di persone come i vescovi e gli ufficiali di curia. Tra le materie coperte dal segreto pontificio, così come è rimasto in vigore fino al 17 dicembre 2019, prima della promulgazione dell’Istruzione sulla “riservatezza delle cause”, sono incluse le denunce di delitti contro la fede e i costumi, e di delitti perpetrati contro il sacramento della penitenza. Nello specifico, sono soggette al segreto pontificio le cause sottoposte al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede per i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi contro i costumi previsti dal Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” del 21 maggio 2010 (il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni e l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento) o nella celebrazione dei sacramenti.
Il Motu proprio “Vos estis lux mundi”, senza fare riferimento al segreto pontificio, mentre impone a chierici e consacrati l’obbligo di denunciare le notizie di abusi sessuali su minori commessi da chierici e consacrati, e uguali comportamenti commessi anche con adulti vulnerabili o con chiunque venisse costretto con abuso di autorità, violenza o minaccia, precisa che la segnalazione non sarebbe stata considerata una “violazione del segreto d’ufficio” (Art. 4 §1).cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844
Per superare i limiti imposti dall’Istruzione “Secreta continere” che regola il segreto pontificio relativamente a denunce, processi e decisioni gravi contro la morale, l’Istruzione sulla “riservatezza delle cause” (n. 1) modifica la predetta Istruzione su due punti: A) facendo decadere il segreto pontifico di cui “all’Art.1 del Motu proprio “Vos estis lux mundi”(sub 1 §1a: abuso di autorità nel costringere ad atti sessuali; abuso sessuale di minori o di persone vulnerabili; utilizzo di materiale pornografico che rappresenti un minore; sub 1 §1b: occultamento di queste condotte in inchieste ecclesiastiche); B) “Normae de gravioribus delictis riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui al Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela”, di S. Giovanni Paolo II, del 30 aprile 2001, e successiva modifica del 21 maggio 2010 di Benedetto XVI” (cf. “Rescritto ex audientia […] modifiche alle Normae de gravioribus delictis” del 17.12.2019, Art. 1: circa il reato da parte di un chierico di acquisizione o detenzione o divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche l’età del minore è innalzata a diciotto anni). Tali condotte non sono più oggetto di segreto pontificio anche nel caso in cui venissero compiuti in concorso con altri reati che pure siano oggetto di segreto pontificio (cf. “Rescritto ex audientia sulla riservatezza delle cause”, 17.12.2019, n. 2). Il segreto pontificio nella materia di cui si tratta decade anche rispetto all’adempimento degli obblighi stabiliti dalle leggi statali, compresi gli obblighi di segnalazione (cf. “Rescritto ex audientia sulla riservatezza delle cause”, 17.12.2019, n. 4).
L’Istruzione sulla “riservatezza delle cause”, nella sua brevità che consta di soli cinque numeri, eleminando il segreto pontificio su una materia complessa che vede coinvolte persone e istituzioni nel compimento di reati gravissimi non significa che abbia cancellato il segreto come tale. L’Istruzione richiama a due obblighi: a) “garantire la sicurezza, l’integrità e la riservatezza ai sensi dei canoni 471, 2 CIC e 244 §2, 2 CCEO, al fine di tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte” (n. 3); b) “Il segreto d’ufficio non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili” (n. 4).
Il segreto d’ufficio regola il dovere di riservatezza al quale sono tenuti i vescovi, gli ufficiali di curia e quanti sono chiamati a collaborare per ragioni d’ufficio, soprattutto per tutelare il diritto alla buona fama delle persone previsto dal can. 220, come veniva richiesto anche dal Motu proprio “Vos estis lux mundi” (Art. 2 §2).
Quindi il segreto d’ufficio comporta l’obbligo della riservatezza per quanto attiene ciò che è stato conosciuto in ragione dell’ufficio svolto e che non deve essere condiviso con nessun’altro che sia estraneo alla trattazione della causa.

L’Istruzione sulla “riservatezza delle cause” regola altri due ambiti circa il diritto alla riservatezza. Il primo è dato dal n. 4 in cui si ribadisce che il segreto d’ufficio non costituisce ostacolo “all’adempimento degli obblighi previsti dalle leggi statali per questi casi. Il secondo riguarda il n. 5, relativamente alla persona che fa la segnalazione di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio.

Nessun richiamo viene fatto in questa Istruzione al sigillo sacramentale, proprio perché questo è evidente per ciò che riguarda la sua integrità e intangibilità e di questo si era già occupata anche la recente Nota della Penitenzieria Apostolica del 1° luglio 2019 sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale.

In definitiva il Motu proprio “Vos estis lux mundi” avendo ampliato l’ambito e le modalità della segnalazione di determinati abusi sessuali, estendendola anche a membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica (Art. 3), sottolinea che una segnalazione fatta a norma dell’Art. 3 non costituisce una violazione del segreto d’ufficio (Art. 4), ma essendo rimasto in vigore il Rescritto “Secreta continere” circa l’obbligo di osservanza del segreto pontificio, si rendeva necessaria una normativa ad hoc per superare i limiti che da esso derivavano per quanto attiene alla materia oggetto del Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” e al Motu proprio “Vos estis lux mundi”.

Pertanto, potremmo dire che il Rescritto sulla “riservatezza delle cause” (17.12.2019) è il punto di arrivo e di completamento del Motu proprio “Vos estis lux mundi”, della “Nota della Penitenzieria Apostolica sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale” (1.07.2019), del “Rescritto del S. Padre Francesco con cui si introducono alcune modifiche alle Normae de gravioribus delictis” (17.12.2019).

Per concludere è necessaria una parola di chiarezza rispetto a notizie generiche divulgate in diversi casi dalla Stampa. Non è stato abolito il “segreto pontificio” come tale, ma è stata introdotta una deroga all’Istruzione “Secreta continere” per quanto attiene alle materie descritte nell’Art. 1 del Motu proprio “Vos estis lux mundi” (abuso di autorità, violenza o minacce da parte di un chierico o di membri di Istituti di vita consacrata o di Società di vita apostolica nel costringere ad atti sessuali, abuso sessuale di minori o di persone vulnerabili, occultamento di queste condotte in inchieste ecclesiastiche) che a quelle contenute nell’Art. 6 del Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (reati di abuso sessuale con minori di diciotto anni o con soggetti incapaci; reati di acquisizione, o detenzione, o divulgazione a fine di libidine di immagini pornografiche da parte di un chierico che abbiano per oggetto giovani al di sotto di diciotto anni). Per questi casi l’abolizione del segreto pontificio non significa aver cancellato il normale segreto d’ufficio, cioè l’obbligo di garantire la sicurezza, l’integrità e la riservatezza da parte di chi viene a conoscenza di notizie a motivo dell’ufficio svolto, come è stabilito dal can. 471, 2 del Codice di Diritto Canonico, che lederebbe non solo un principio morale, ma anche giuridico (cf. can. 220) “al fine di tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte” (Rescritto sulla “riservatezza delle cause” n. 3). Il “segreto d’ufficio” tuttavia non osta agli obblighi stabiliti dalle leggi statali circa questa materia (cf. “Rescritto sulla riservatezza delle cause” n. 4).

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Francesco Romano

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