di Francesco Vermigli • Abbiamo un po’ di timore a parlare di Giovanna d’Arco a cento anni dalla sua canonizzazione, avvenuta a Roma il 16 maggio 1920, ad opera di papa Benedetto XV. Abbiamo timore, perché scrivere di Giovanna d’Arco è un po’ come scoperchiare la storia di Francia degli ultimi sei secoli. Ricordare la “Pulzella d’Orléans” significa infatti richiamare una vicenda – che ben presto è divenuta leggenda – fatta di speranze disilluse e di tradimenti, di guerra e di tregue armate, di castelli e di cattedrali, di visioni e di profezia, di patria da difendere, di popolo che si mobilita nel suo ricordo e di partiti politici che l’hanno usata, di ideologie che se ne contendono l’eredità, di cultura popolare e di arte che ne hanno costruito l’immaginario. Davvero della storia di Giovanna è intrisa la memoria di un’intera nazione.
In un fermo immagine di uno dei primi film su di lei, di poco anteriore alla sua canonizzazione, si legge qualcosa di assai interessante, che può essere inteso per noi come lo spunto per provare a dire qualcosa su Giovanna. È un film muto americano del 1916, diretto da Cecil B. DeMille e intitolato, significativamente, Joan the Woman: la cornice consiste nella storia di un soldato inglese che tra le trincee in Francia durante la Grande Guerra sogna la vita di Giovanna. In quel fermo immagine, vi si legge, in inglese, dopo meno di un minuto dall’inizio: «Fondato [il film] sulla vita di Giovanna d’Arco, la ragazza patriota, che ha combattuto con gli uomini, è stata amata dagli uomini, è stata uccisa dagli uomini, e nonostante questo ha mantenuto un cuore di donna». E per quanto la trama della vita raccontata nel film sia molto arbitraria e a dir poco bizzarra, quelle poche parole possono diventare per noi come la pista da percorrere per parlare di Giovanna; giovane donna della più profonda campagna francese, che prende la spada, sotto la spinta di alcune voci misteriose, per la difesa della patria dall’esercito inglese. E fa tutto questo in un mondo di soli uomini.
Se vengono percorsi gli atti del processo che condurrà alla sua condanna e al rogo il 30 maggio 1431, nella piazza del Mercato Vecchio di Rouen, si rimane colpiti dall’insistenza con cui gli interrogatori si avvolsero su una questione che parrà marginale ai nostro occhi, ma che fu uno dei capi di imputazione più rilevanti ai fini della condanna: il fatto, cioè, che Giovanna vestisse abiti maschili, dal giorno in cui aveva iniziato a guidare le truppe francesi sotto assedio a Orléans. In fondo, quel capo d’accusa ben rappresenta lo sconcerto che provocò fin dall’inizio di questa vicenda l’arrivo di una donna giovanissima tra le truppe francesi fedeli al Delfino di Francia, poi consacrato re a Reims, il 17 luglio 1429; proprio sotto la spinta dei successi militari, indotti dalla fama che quella ragazzina aveva acquisito, tra moltissime resistenze, nell’esercito. Una donna, per di più giovanissima e appartenente ad una famiglia di contadini, si pone come guida e ispiratrice di un esercito e di un popolo; sotto la protezione di San Michele Arcangelo, di Santa Caterina e di Santa Margherita e a seguito della volontà divina.
Questa è dunque la storia di una donna che vive e combatte e prega in un mondo di soli uomini: un mondo fatto di uomini increduli e sempre assai sospettosi nei suoi confronti; di uomini calunniatori e volgari; di uomini che hanno provato a violentarla, o di uomini che l’hanno usata per ragioni di potere, per poi finire con l’abbandonarla. Ma è anche una storia di uomini che le hanno creduto dopo molti dubbi, di uomini che l’hanno seguita nelle sue follie belliche, che l’hanno soccorsa quando è rimasta ferita, che l’hanno difesa in tribunale – denunciando, a rischio del carcere e della libertà, le scorrettezze del processo – che l’hanno confessata e assolta, che hanno avuto per lei ultimi gesti di pietà sulla pira infame a Rouen. Uomini che infine l’hanno riabilitata, per volontà del papa Callisto III a venticinque anni dalla morte e in un contesto politico e militare ormai ribaltato.
Nella vicenda di Giovanna si aggrumano elementi diversissimi: l’origine umile ma dignitosa, la schiettezza della fede aperta agli influssi della spiritualità minoritica, l’indole decisa e battagliera… eppure l’essere donna in un mondo di soli uomini, appare come l’aspetto forse più decisivo in un mondo e in una Chiesa che si chiedono ai nostri giorni che spazio abbia la donna nella società e nella comunità dei credenti. In una mirabile catechesi proprio su Giovanna (link), Benedetto XVI mostrava come vi siano stati momenti nella storia della Chiesa e nella stessa storia della salvezza in cui le donne hanno svolto un ruolo decisivo e profetico: per semplificare, momenti in cui le donne hanno scelto con chiarezza il bene e lo hanno additato a tutti. Come ha fatto Giovanna d’Arco tanto sulle mura di Orléans sporche di sangue, quanto a Rouen; indicando a tutti anche nell’ultimo istante della sua vita l’amore per Gesù, per la sua croce, per il suo Nome.