di Antonio Lovascio • Le parole di un Papa possono ispirare anche un romanzo. Ne sa qualcosa Riccardo Bigi, coordinatore dell’inserto fiorentino del settimanale cattolico “Toscana Oggi”, scrittore già apprezzato per “Il sindaco santo” sulla vita di Giorgio La Pira, per il volume su don Lorenzo Milani e altri “Uomini di Vangelo” del Novecento, per il libro su Benigni (“Quando un comico parla di Dio”) oltre che per alcuni pregevoli testi teatrali. Ricordate cosa disse Papa Francesco il 10 novembre 2015, parlando nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore ai delegati del quinto convegno della Chiesa italiana ?: <Siamo qui a Firenze, città della bellezza. Quanta bellezza in questa città è stata messa a servizio della carità! Penso allo Spedale degli Innocenti, ad esempio. Una delle prime architetture rinascimentali è stata creata per il servizio di bambini abbandonati e madri disperate. Spesso queste mamme lasciavano, insieme ai neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali speravano, presentando l’altra metà, di poter riconoscere i propri figli in tempi migliori. Ecco, dobbiamo immaginare che i nostri poveri abbiano una medaglia spezzata. Noi abbiamo l’altra metà. Perché la Chiesa madre ha in Italia metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati. E questo da sempre è una delle vostre virtù, perché ben sapete che il Signore ha versato il suo sangue non per alcuni, né per pochi né per molti, ma per tutti>.
La storia dello “Spedale degli Innocenti” – onorato di celebrare i seicento anni di vita con il presidente Mattarella – è racchiusa in quelle parole di amore e di speranza che Bergoglio ha indicato come strada per accogliere e prendersi cura di quella “metà” che sono i nostri poveri e che Riccardo Bigi ha raccolto per alimentare la sua creatività narrativa. Come succedeva allora – all’inizio del ‘400 – e da allora per sei secoli ininterrottamente questo luogo non ha mai smesso di funzionare. Ha accolto oltre 500mila bambini nel complesso monumentale che si affaccia su Piazza SS. Annunziata e sulla città di Firenze. Pur trasformandosi via via di fronte alle mutevoli esigenze dei tempi.
L’Istituto – va detto per inciso – è nato per volontà di un ricco mercante pratese, Francesco Datini, l’inventore della cosiddetta “lettera di cambio” (paragonabile alla moderna cambiale) e dell’assegno, oltre che del moderno modo di usare i libri contabili. Lasciò mille fiorini al Comune di Firenze perché acquistasse un terreno su cui far sorgere un luogo per i “gittadelli”, i bambini abbandonati. La progettazione venne affidata dai mercanti dell’arte della seta a Filippo Brunelleschi, l’architetto più importante dell’epoca, che stava realizzando la cupola del Duomo, a poche centinaia di metri. Brunelleschi progettò il loggiato esterno che si apre alla città, simbolo di accoglienza e realizzato in pietra e intonaco, una tecnica nuova per l’epoca. E così cominciò questa lunga avventura proseguita fino ai nostri giorni.
Il romanzo di Riccardo Bigi (“L’altra metà della medaglia”, 224 pagine, 12 euro) è un inno alla Vita, alla Carità ed al senso di solidarietà. Edito dalla LEF (la Casa editrice dei grandi scrittori cattolici e mistici del Novecento) è ambientato nella Firenze di oggi invasa da un esercito multicolore di turisti amanti dei selfie. Ma si rifà proprio a quelle migliaia di medagliette spezzate a metà (ancora visibili nel Museo da poco allestito) cui le madri affidavano l’auspicio di poter riconoscere i propri figli in tempi migliori. Anzi parte proprio dalla storia di uno di quei bimbi, Ultimo Lasciati: con questo nome, infatti, era stato registrato il neonato depositato nella ruota alla mezzanotte del 30 giugno del 1875, il giorno prima che la finestra sotto la Loggia fosse murata e cambiasse sistema la ricezione dei piccoli trovatelli. La protagonista dei nostri tempi è Giovanna, studentessa di Scienze sociali, una ragazza come tante altre che non credeva in Dio, convinta di non potersi più innamorare per un’esperienza andata male. Il suo incontro prima con Alessandro (uno scout coetaneo, che di giorno lavora in un bar e la notte per volontariato fa l’autista sulle ambulanze della Misericordia) e successivamente con Clelia, un’anziana frequentatrice della mensa dei poveri della Caritas in piazza Santissima Annunziata, è l’inizio di una grande avventura del quotidiano che cambierà completamente la sua vita. La scintilla scatterà con un sorriso. La porterà prima di tutto a scoprire che non ci si può perdonare da soli.
La narrazione scorre fluida, con l’alternanza del racconto dei tre personaggi principali, affronta tanti temi di scottante attualità. Le nuove povertà, l’emarginazione, la solitudine degli anziani, il lavoro che per i giovani non c’è e quindi impedisce di mettere su casa e famiglia; la fragilità e la frammentazione, il disincanto. Problematiche di grande rilevanza sociale che Riccardo Bigi tocca ogni giorno con mano come coordinatore dell’Osservatore Toscano, collaboratore di “Avvenire” e segretario del Consiglio Pastorale. “Emergenze” ben evidenziate in questo affresco sulle tante “povertà” del Terzo Millennio, nel quale lo Spedale degli Innocenti continua ad essere, insieme alle Misericordie, un simbolo riconoscibile di Carità. Anche se oggi l’Istituto è diventato un’azienda pubblica che gestisce servizi educativi, laboratori per l’infanzia, progetti per la genitorialità, e pure asili nido del centro storico. Un unicum a livello nazionale e internazionale per le ricerche su infanzia e adolescenza.