di Giovanni Pallanti • Ottone Rosai nato a Firenze il 28 aprile 1895 e morto, per caso, a Ivrea dove Adriano Olivetti aveva allestito una sua grande mostra di pittura nel 13 maggio 1957. Questo grande artista, lo si è paragonato a Masaccio, ha conosciuto un oblio che la sua vita vissuta, sempre combattendo nella vita e nell’arte, non meritava. Questo oblio era dovuto ad una caduta dell’interesse per le arti figurative e lo studio in genere che caratterizza, da molti anni, la decadenza culturale dell’Italia.Ora, proprio in questi giorni, sono uscite due importanti pubblicazioni che rendono omaggio alla straordinaria qualità pittorica di Ottone Rosai ( catalogo generale ragionato delle opere di Ottone Rosai – 1 volume- a cura di Giovanni Faccenda ed. Giorgio Mondadori ) la seconda è pubblicata da Polistampa ( Ottone Rosai, ” Gli scritti dispersi” con l’aggiunta postuma delle carte di Carlo Cordiè (nato 1910 morto nel 2002) .Cordiè era un giovane studioso di Ottone Rosai e faceva parte di un gruppo legato all’”Universale”, diretto da Berto Ricci, che dette vita ad un numero unico “Il Rosai” a cui collaborò anche Indro Montanelli. “ Gli Scritti dispersi “ è importantissimo, per conoscere la cultura fiorentina e italiana del ‘900 ed è a cura di Giuseppe Nicoletti ,già ordinario di letteratura italiana all’Università di Firenze e studioso di Rosai. Quello che colpisce di Rosai guardando le pitture e i disegni e soprattutto gli scritti poco conosciuti pubblicati in questo volume è la straordinaria partecipazione e passione per i fatti della storia del suo tempo. Rosai era un anima dolce e disperata. Eroico combattente nella prima guerra mondiale, decorato al valor militare e nominato sul campo per il suo coraggio tra gli Arditi Aiutante di Battaglia, difese nel 1919, con uno scritto pubblicato anche in questo libro,il Generale Capello che ingiustamente era stato messo sotto accusa dai socialisti per la ritirata di Caporetto. Così come per chi poco conosce la personalità del più grande artista fiorentino del novecento c’è da leggere, in questo volume dove ci sono scritti inediti o poco conosciuti , un bellissimo profilo su Gesù Cristo. Pochi teologi hanno la forza e la passione, oggi, di raccontare Cristo e la fede in Lui. Una straordinaria lettera, pubblicata sul “La Nazione” nel 1978 dallo storico dell’arte Carlo Ludovico Raghianti ( già presidente toscano del CLN) in cui Rosai rivendica di essere stato fascista dal 1919 al 1924 e dal 1924 al 1945 anti fascista attivo con i Gappisti Bruno Fanciullacci e il pittore Enzo Faraoni ( che poi diventerà suo assistente alla Accademia di Belle arti di Firenze dove Rosai insegnò pittura).L’artista è considerato grandissimo . L’uomo è meno conosciuto. Oggi , però, dove troviamo persone animate dalle grandi passioni come lui ? Rosai, pur avendo vissuto mille avventure, era un uomo ed un artista che credeva in Gesu’ Cristo, come già ricordato.
Lo testimonia in maniera precisa ed inequivocabile quanto il pittore fiorentino ebbe a scrivere su “ La Rocca” il 15.04.1943 ( riportato in “Scritti Dispersi “): “ ..Credo in Dio nel senso più vasto della parola, e cioè ad un Dio giusto e persino tremendo; l’ Iddio degli uomini e non dei mezz’uomini che ha sempre paura di compromettersi con un po’ di cervello e di cuore”. Rosai sempre nel solito articolo cita quanto da lui scritto su “ Frontespizio”, diretto da Piero Bargellini, nel numero di aprile del 1937: “ Di dolore avrà fatta la vita, continuo, infinito, per non poter giungere- scrive Rosai- a dare con la sua opera la pace né a sé né agli altri ( il pittore cristiano- NdR). Non conoscerà compromessi; tra i suoi atti e la sua arte tutto sarà coerenza. La croce addossatasi la porterà non come condanna, ma quale simbolo di fede”.
Nel 1958, andavo alle scuole elementari e il mio babbo Gastone mi portò a vedere, assieme a mio fratello Simone, il tabernacolo dipinto da Ottone Rosai al Poggio Imperiale: “la Crocifissione” era stata dipinta da Rosai quattro anni prima: era una pittura sconvolgente, tragica e masaccesca. Mio babbo ci disse : “Guardate, Rosai ha crocifisso un Gesù che sembra un operaio”. Un ricordo indelebile di una testimonianza cristiana di uno dei più importanti pittori del Novecento italiano ed europeo.