La caporetto dell’emergenza educativa

 

Ancora una volta, quindi, emergono le impressionanti falle del nostro sistema educativo che ha tolto dignità ed autorità agli insegnanti. Un sistema che, in nome del lassismo, della demagogia, del vivi e lascia vivere «tanto l’importante è il pezzo di carta», ha costantemente abbassato il livello delle pretese. È anche colpa di un sistema politico che ha sempre considerato il Ministero dell’Istruzione come un jolly da tirar fuori dal cappello nei momenti di bisogno, come “riserva di caccia elettorale”. Una botta ai sindacati, una botta ai concorsi, un po’ di fumo soffiato in faccia alle famiglie per mascherare che sotto il fumo non c’era nessun arrosto e avanti così, inventando pompose rivoluzioni che, alla prova dei fatti, si sono mostrate, per lo più, drastiche involuzioni. “Riforme” bruciate sul campo insieme ai loro ideatori: Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Giannini, ecc.

Dunque, al pari della disoccupazione e dell’allarme valanghe o terremoti, l’Educazione è la vera grande emergenza nazionale. Come scrive Susanna Tamaro, non essere gravemente preoccupati e non fare nulla per risolverla vuol dire condannare l’Italia ad un sempre maggior declino economico e sociale. Che adulti, cittadini, lavoratori saranno infatti i ragazzi di queste generazioni abbandonate alla complessità dei tempi senza che sia stato loro fornito il sostegno dei fondamenti? Sono stati cresciuti con il mito della modernità (come sono bravi nel maneggiare cellulari e tablet!), della facilità (“il tutto subito!”), del tirare a campare. Ma la vita, ad un certo punto, per la sua stessa natura pretenderà qualcosa da loro e gli eventi stessi inevitabilmente li porranno davanti a delle realtà che di facile non avranno nulla. Allora, forse, rimpiangeranno di non vere avuto insegnanti capaci di prepararli, di educarli come si deve.

Ma se, spinti e incalzati dalle loro famiglie, volessero anche cambiare rotta, ora non potrebbero farlo. Questi poveri studenti devono infatti fare i conti con il più caotico valzer delle cattedre che si sia mai registrato, emerso in tutta la sua evidenza alla ripresa delle scuole, dopo le vacanze di Natale. Il girotondo, secondo un dossier di “Tuttoscuola”, ha visto impegnati 250 mila tra maestri e professori e 2 milioni e mezzo di allievi (uno su tre) .

Particolarmente colpiti gli alunni con disabilità, perché il 29,8% dei posti di sostegno sono “in deroga”, cioè non stabili, e i docenti di sostegno non di ruolo cambiano pressoché ogni anno. Il tasso di mobilità degli insegnanti, che negli anni scorsi coinvolgeva circa un docente su dieci (una percentuale già di per sé elevata), quest’anno è esploso, si è addirittura triplicato, facendo saltare il banco della continuità didattica. È l’effetto del “piano straordinario di mobilità” previsto dalla legge n. 107/2015 sulla “Buona scuola”, preliminare al varo del piano straordinario di assunzioni voluto dal governo Renzi prima di Gentiloni. In pratica un’“ultima chiamata” che doveva consentire al personale docente di spostarsi nella sede più gradita anche “in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia”. Fatto questa sorta di “condono”, doveva partire la nuova modalità di assegnazione della sede di servizio, la cosiddetta “chiamata diretta”: non sarebbe stato più il docente a scegliere la scuola, ma la scuola a scegliere il docente. È quanto prevede la legge n. 107, ma l’accordo sulla mobilità firmato dalla ministra Fedeli con i sindacati allo spirare del 2016 prevede una nuova deroga da ogni vincolo di permanenza per tutti i docenti di ruolo, compresi quelli chiamati con incarico triennale dai dirigenti scolastici.

Pertanto il prossimo anno si replica: le famiglie italiane devono prepararsi a un’ulteriore schizofrenica girandola di insegnanti, con ulteriori pesanti effetti sul servizio scolastico. Se la continuità didattica è un’importante precondizione per una scuola di qualità, quello in corso è un anno disastroso per ciò che dovrebbe contare di più, ovvero l’apprendimento degli studenti: il peggiore, da questo punto di vista, della storia della scuola italiana. Ecco perché , come realisticamente prefigura Susanna Tamaro, si profila un’altra grande Caporetto.