“Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana”. Una recensione
di Stefano Liccioli • «Su don Lorenzo Milani è stato scritto molto». Inizia così la prefazione che lo storico Andrea Riccardi ha fatto per il libro di Michele Gesualdi intitolato “Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana”. Riccardi ha ragione, la figura del “Priore di Barbiana” è stata oggetto di tanti articoli e saggi, ma il contributo di Michele Gesualdi è importante ed autorevole perché egli è stato testimone privilegiato della vicenda di don Milani condividendone dodici anni di vita. Il libro, come osserva sempre il professor Riccardi, è «unico nella vasta bibliografia. Introduce alla conoscenza di don Milani oggi, ma anche – pure per chi ha letto tanto su di lui – guida a capirne in profondità la figura».
E’ così infatti che la vicenda biografica del Milani viene restituita nella sua essenzialità e ricchezza al tempo stesso, con un stile asciutto e diretto. La narrazione della sua vita viene intervallata con brani tratti dalle lettere di don Milani ed è così che sembra quasi che lui stesso prenda la parola e parli di sé in prima persona.
Viene raccontato il periodo della ricerca interiore e della conversione del giovane Lorenzo, la decisione di entrare in Seminario per diventare prete. Una scelta, questa, che gettò i genitori, entrambi agnostici, nello sconforto a tal punto che la mamma affermò:«Per noi è doloroso come se tu fossi morto in guerra». Il giovane Milani si adattò ben presto alla vita del Seminario, nonostante le perplessità del padre e la diffidenza di alcuni compagni che lo consideravano un “signorino”, proveniente da una famiglia ricca e lontana dalla Chiesa. Gli anni di preparazione al sacerdozio sono segnati anche da bei legami di amicizia, confronti su questioni morali e sociali, ma anche contrasti, in particolare quello con l’insegnante di Sacra Scrittura, Mons. Tirapani. Interessante, a tal proposito, il racconto di un esame che vide protagonisti proprio Mons. Tirapani, Lorenzo Milani ed il rettore del Seminario, Mons. Bartoletti, che faceva parte della commissione.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1947, don Lorenzo, venne nominato cappellano a San Donato a Calenzano, dove don Pugi era il Proposto. E’ qui che cominciò la sua “esperienza pastorale”, intensa e generosa, è qui che diede vita alla scuola popolare per gli operai ed i contadini del suo popolo, è qui che cominciò a farsi apprezzare come un prete ed un cristiano coerente. Ma è anche a San Donato che iniziò ad attirarsi le antipatie di quanti, laici e confratelli nel sacerdozio, che consideravano don Milani un seminatore di discordie. Saranno anche queste azioni di contrasto e maldicenza che, alla morte di don Pugi, chiuderanno a don Lorenzo la strada per subentrargli come proposto e gli “apriranno” , nel 1954, il viottolo per l’esilio a Barbiana, una località sperduta sul Monte Giovi a riguardo della quale il Cardinal Elia Dalla Costa, nel verbale della visita pastorale, aveva scritto:«Data la piccolezza del popolo e la posizione scomoda della chiesa, un sacerdote valido a Barbiana non avrebbe lavoro adeguato». Nel libro viene riportato uno scambio di battute tra l’anziana signora Giulia, la perpetua di don Pugi (che con la figlia Eda seguirà don Lorenzo a Barbiana) ed il Cardinale Dalla Costa che si era fermato alla prepositura di San Donato per assicurarsi che don Milani accettasse la nuova destinazione.
Gli anni di Barbiana vengono restituiti attraverso la testimonianza personale di Gesualdi che pare aprire, in certi passaggi, lo scrigno dei ricordi e condividerli con il lettore. E’ un’operazione, per sua stessa ammissione, non facile perché «molte di quelle memorie appartengono alla sfera dell’anima che non si desidera condividere con nessuno». L’autore aggiunge poi una precisazione:«Della scuola di Barbiana e della sua intensa vita, che è difficile separare da quella di don Lorenzo e della sua famiglia barbianese, non ne parlo volutamente in modo diffuso», riservandone la trattazione in un lavoro a sé stante perché si configurava come un’esperienza completamente diversa dalle altre. Altrettanto significativa è un’altra osservazione di Gesualdi:«Quand’era a Calenzano don Lorenzo cercava personaggi interessanti e li invitava a parlare alla scuola popolare. A Barbiana è esattamente il contrario: sono le personalità politiche, religiose, socialmente impegnate e colte a cercarlo e si arrampicano fin lassù per respirare quell’esperienza. Don Lorenzo dalla “cattedra del niente” parla, insegna ed elabora nuovi pensieri per l’oggi e per il futuro».
In conclusione non si può che condividere il giudizio che don Luigi Ciotti ha espresso nella postfazione del testo:«Se il libro di Michele Gesualdi ha molti meriti, il primo è di consegnarci un ritratto autentico di don Milani. […] E’ un don Milani raccontato in tutta la sua prorompente, complessa umanità, un’umanità che nel suo vasto abbraccio sembra comprendere tutti gli stati d’animo».