La penitenza come esigenza d’amore nell’«Opera a ben vivere» di sant’Antonino Pierozzi

Con queste parole il vescovo domenicano sintetizza efficacemente, pur senza entrare nei dettagli terminologici e nelle sottigliezze delle distinzioni teologiche, il rapporto che sussiste tra i primi due atti del penitente relativi al quarto sacramento, ovvero, la contrizione e la confessione, parti integrali della penitenza, secondo la terminologia della Summa Theologica di Tommaso d’Aquino, ripresa nella Summa di Antonino (Pars. III, tit. 14, cap. 17, § 6).

È dottrina comune che il proposito di non peccare più sia condizione imprescindibile per ottenere la remissione dei peccati, ma vale la pena soffermarsi sull’acume teologico, la saggezza spirituale e la sensibilità pastorale con cui Antonino argomenta sul miglior fondamento da poter dare a tale proposito. Esso, per il nostro autore, risiede nell’amore per il Signore.

Ora è da vedere qual cosa è quella che ci abbia meglio a guardare, che non caggiamo più in peccato. E disaminando me medesimo, non ci conosco più efficace fondamento a poterci di ciò guardare, che è lo puro amore che portiamo al nostro Signore Gesù Cristo: al quale amore nulla cosa è che tanto ti ci faccia pervenire, e che tanto infiammi le anime nostre di Lui, quanto fa a recarsi a memoria li beneficii che ci ha fatti. I quali se in verità ben di cuore la devota anima il suo amore pone solamente in Dio, cogitando sempre in che modo, e per che via, e con quali opere esercitandosi, più gli possa piacere” (pp. 25-26).

Questa intuizione trova una corrispondenza nella distinzione fra timore filiale e timore servile affermata da San Tommaso nella Summa IIª-IIae q. 19 a. 5 s. c., sulla base dell’autorità di Agostino (cf. Commento alla Lettera di San Giovanni, Omelia IX,6). Tommaso, in riferimento al Maestro delle sentenze (lib. III, dist. 34, cap. 4), riconosce peraltro quattro tipologie di timore: filiale, iniziale, servile e mondano (IIª-IIae q. 19 a. 2 arg. 1). Antonino, nella Summa, disquisisce in maniera molto ampia e articolata su queste quattro distinzioni, anche con accenti diversificati e originali rispetto alle argomentazioni di Tommaso (pars IV, tit. 14). Nell’Opera a ben vivere, invece, il vescovo fiorentino si concentra, in chiave eminentemente parenetica e senza addentrarsi nella terminologia specifica, sulla polarità circa il timore elaborata da Agostino, il quale distingueva fra desistenza dal peccato per paura della pena e disposizione a non più peccare per via d’amore.