di Francesco Vermigli · È proprio della liturgia rimandare a fatti e avvenimenti della storia della salvezza. Liturgia è un termine composto dalla parola greca che sta per opera (ergon) e dalla parola greca che sta per popolo (laos): è dunque un’opera nella quale il popolo di Dio celebra mediante il rito i fatti avvenuti nel passato, per la nostra salvezza.
Il caso del tempo liturgico dell’Avvento, a pensarci bene, è un caso particolare. Non rievoca un fatto del passato, ma piuttosto l’attesa e il desiderio per un fatto. È il tempo che precede liturgicamente la nascita del Signore ed è dunque un tempo che piuttosto che riferirsi ad un fatto – a questo mirerà il giorno e il tempo del Natale – fa riferimento ad un atteggiamento profondo del nostro cuore. Il tempo nel quale dobbiamo custodire la speranza, la fiducia, il desiderio per il compimento e per la realizzazione. Il tempo dei sentimenti che abitano nel cuore di colui che sa attendere.
Per questo la liturgia di queste settimane tende a suscitare l’immedesimazione con i grandi profeti di Israele e con le attese di un popolo intero, rappresentato da quegli stessi profeti. Più si procede nel cammino dell’Avvento, più la liturgia ci indirizza verso il Natale e più emergono alcune figure, che sono come al limite tra l’attesa e il compimento: Giovanni il Battista, Giuseppe e Maria. Secondo alcuni Padri, Giovanni, Giuseppe e Maria sono il resto santo, piccolissimo di Israele, che vive nell’attesa del compimento della promessa del Signore. E in Maria, quest’attesa fiduciosa si riveste di un significato nuovo e misteriosissimo, imparagonabile a qualsiasi altro desiderio di salvezza: perché lei, solo lei, porta nella sua carne il Salvatore del mondo.
In una maniera estremamente naturale, la liturgia per questo tempo tende a sovrapporre la nascita di Gesù al suo ritorno. A due avventi, dunque, facilmente si riferisce il tempo di Avvento: colui che è nato nell’umiltà, ha detto che tornerà; e che lo farà nella gloria, come il Re della storia e dell’Universo. A questa sovrapposizione tra le due venute conducono molte delle letture della messa delle settimane che compongono il tempo liturgico. A questo tende anche – solo per trarre un esempio dall’eucologia – il primo prefazio per l’Avvento: «al suo primo avvento, nell’umiltà della condizione umana» / «quando verrà di nuovo, nello splendore della gloria».
Ma alcune linee della spiritualità occidentale hanno avuto buon gioco a segnalare come gli avventi del Signore siano più di due. In questa direzione va una pagina di Bernardo di Chiaravalle, che la liturgia delle ore secondo il rito romano riporta come seconda lettura dell’ufficio del mercoledì della prima settimana di Avvento. Si tratta di un brano tratto dal quinto sermone sull’Avvento, appartenente alla raccolta dei Sermones de tempore. Vi si legge di una triplice venuta del Signore: la terza venuta è una venuta occulta e, dice Bernardo, si colloca tra le due venute che sono invece manifeste; quella che è accaduta nell’umiltà della nascita e quella che accadrà nella gloria del ritorno.
Prendiamo in considerazione questo spunto che viene da Bernardo. E proviamo a dire qualcosa sulla qualità di questa terza venuta e sul suo carattere decisivo per la vita di ciascuno di noi. Quando Bernardo dice che a differenza delle altre la venuta intermedia è occulta, intende dire che riguarda il singolo e il mistero insondabile della sua vita spirituale più intima. Secretum meum mihi! Secretum meum mihi!: si direbbe con la traduzione di Is 24,16 secondo la Vulgata e come rispondeva Edith Stein a chi le chiedeva di raccontare la sua vita più interiore. In quella venuta occulta del Signore nel cuore dell’uomo, si apprezza come la coscienza sia un sacrario inviolabile, nel quale non sarà mai permesso di entrare ad un osservatore esterno.
Non solo. A differenza delle altre due venute, che hanno un carattere puntuale, il terzo avvento non accade in uno e in un solo momento per la vita del singolo. Il terzo avvento di cui parla Bernardo è la realizzazione della promessa di Gesù; quella che non abbandonerà mai i suoi, in nessun giorno della storia del mondo: «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Ma se il Signore è presente ogni giorno nella nostra vita, molteplici sono dunque le sue venute. Ogni giorno viene a visitare i suoi fedeli. Ogni giorno viene a beneficiarli della sua grazia e della sua misericordia.
Sopra abbiamo scritto del carattere decisivo di questa terza venuta per la vita spirituale di ciascuno. L’attesa per questa venuta che ogni giorno trasforma e che converte, che illumina e consola è infatti l’unica garanzia, perché la memoria della prima venuta di Gesù nell’umiltà della condizione umana non sia solo un ricordo del passato. E questa attesa per la venuta di ogni giorno allena e prepara il cuore dell’uomo alla venuta di Gesù, quando egli tornerà nella gloria per giudicare tutti e per mostrare la sua Signoria sul tempo e sullo spazio.
Un Avvento, sì, ma che rimanda a molti avventi.