La nuova politica di Biden in Medio Oriente
di Mario Alexis Portella · La vittoria presidenziale di Joe Biden su Donald Trump ha avuto una risonanza ancora maggiore delle precedenti. Le ragioni di questa enfasi sono molteplici, su tutte lo scenario di emergenza sanitaria mondiale e le numerose accuse di brogli mosse dal presidente uscente in seguito alla sconfitta.
Sono da considerare, comunque, le marcate differenze fra il neoeletto e l’attuale occupante della Casa Bianca, in particolare per la regione del Medio Oriente, sulla quale non è stato presentato un piano d’azione ben definito in campagna elettorale.
Sotto l’amministrazione di Trump, l’Usa si è dichiarato come il difensore contro il terrorismo islamico, in modo particolare l’ISIS e l’Iran. Ma in realtà il presidente Trump ha fatto il mezzano con due jihadisti, il principe Mohammad bin Salman (MBS)—il sovrano de facto dell’Arabia Saudita—e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Con la vendita di 8 miliardi di dollari di armi al regno saudita Trump ha:
- uccidere e smembrare Jamal Khashoggi, residente permanente in America e giornalista del Washington Post nell’ambasciata saudita a Istanbul—anzi Trump si è vantato dicendo: «Gli ho salvato il culo».
- sfruttare le armi nucleari.
New York Times e altri giornali, il rapporto di Trump con il presidente Erdoğan è ancora più scandaloso di quello che ha con MBS. Il califfo turco è riuscito di convincere Trump:
- a non criticarlo dopo la conversione della basilica Hagia Sofia e di quella della Chora in moschee.
detto: «Ho un piccolo conflitto di interessi perché ho un palazzo enorme e importante a Istanbul. Si chiama Trump Towers».
L’Arabia Saudita e la Turchia hanno recentemente riconciliato qualche differenza politica al fine di contrastare qualsiasi potenziale conflitto contro l’amministrazione di Biden.
à alla fine fare i conti con un doppio califfato, Arabia Saudita e Turchia, anche la situazione precaria dell’Iran, come stati membri chiave dell’Organizzazione per la cooperazione islamica—un’organizzazione internazionale composta da 57 stati membri islamici, inclusi la Palestina e la Turchia, con una delegazione permanente presso le Nazioni Unite
l’Ungheria che hanno già preso misure contro la crescente influenza dell’Islam militante nei loro paesi. In modo che, come disse il presidente Woodrow Wilson, «Il mondo [sia] reso sicuro per la democrazia».