di Carlo Nardi · Primo punto. Il vino di Cana. L’utopia possibile in una pagina di Ernst Bloch. Voci antiche, in Parrocchia di Santa Maria a Quinto in Sesto Fiorentino. Lettera settimanale ai parrocchiani 6 (2010) n. 2, 17 gennaio, p. 4.
A proposito di nozze di Cana mi piace, come mi pare che piaccia in fidanzati prossimi, una pagina di Ernst Bloch, marxista di larga, molto larga osservanza, da Principio Speranza, con quale adattamento sulla traduzione del tedesco:
«Il matrimonio diventa comunità in miniatura, diventa il ‘corpo di Cristo’ reso presente da uomo e donna. L’immagine nel matrimonio, come in una casa, ha la sua prossima erotico con uno splendore insieme sensibile e spirituale. A ciò credono milioni di persone. Credono al matrimonio. Per loro il matrimonio. Per loro il matrimonio viene concluso in vi resta fino alla morte, nonostante un possibile squallore o uno catastrofe terrena. I coniugi stessi sono mistero del sacramento”. “Immagine e modello del matrimonio è l’alleanza di Cristo con la sua comunità, ‘poiché siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: lo dico in rifermento Cristo e nella sua chiesa” (Ef 5, 30-32). “L’amore” di lei per lui “nel Cantico dei cantici, con i seni più amabili del vino, con l’amato che è sceso a pascersi fra i giardini e a cogliere rose, quanto ardente canto di nozze” “viene interpretato come colloquio d’amore di Cristo con la sua chiesa, come dedizione del capo al corpo”. “Comunione sessuale e fedeltà si identificano” “con la comunione religiosa e sociale”. “In san Paolo il matrimonio diventa l’unione del discepolo e della discepola”. ”per fondersi nell’immagine del ‘nuovo’ Dio” in Cristo ”per appartenegli nella nuova cosa”, la Chiesa, sicché la comunità sessuale diventa comunità di culto”. “La creatura, certo, al vino di questo miracolo ha aggiunto ampiamente acqua e infelicità, e soprattutto lo fece la società per nulla ispirata al cristianesimo , tardo-romana, feudale, capitalistica, in cui il ‘corpo di Cristo non si delineava in maniera proprio perfetta nel contesto sociale.
Comunque, l’utopia delle vite e dei tralci ebbe la sua efficacia nell’intimità che la famiglia volle conservarsi all’interno di una società di classi. Nonostante tutti i tratti fortemente patriarcali , non ci fu un’utopia dell’amore che desse tanta importanza al matrimonio e ne rendesse vincolante l’immagine. Il tratto patriarcale fondamentale, con l’uomo come ‘capo’, era comunque inserito in una comunità amorosa di ordine ampio, in cui non doveva esserci più dominio, e nemmeno una solitudine a due. Il principio di una collettività nascosta si rifletteva come fede, amore, speranza nel matrimonio.»
La pagina, con acuti rilievi critici di contraddizioni storiche nel vissuto del matrimonio, potrebbe comunque apparire, se non se ne conoscesse l’autore, addirittura un’esaltazione della dottrina del sacramento. Certo, vi si coglie un sincero compiacimento per la sostanza del matrimonio cattolico.
Difatti i tratti espressi suggestivamente da Bloch sono quelli che le pagine bibliche, dal Cantico a s. Paolo e s. Giovanni, consegnano all’antichità cristiana. Questa, soprattutto nel confronto con il vasto mondo mediterraneo, li elaborò in modo tale da considerare sensi e mente, piacere e dono, e tentare “in riferimento a Cristo e alla Chiesa” una sintesi faticosa, problematica, utopica ma possibile fra eros e agàpe, fra gioco e serietà, mentre marito e moglie si “scambiano alla pari servizio e possesso”.¹
¹Giovanni Crisostomo, Omelia sul matrimonio (mazzoni Dami, p. 156; cf. PG 51,214)
Testo più ampio nel mio La grande Artemide. Introduzione ad Efeso cristiana, in Anna Lenzuni (a cura di), la lettera agli Efesini nel cristianesimo antico, Bologna, Edizioni Dehoniane, Letture patristiche, 12, 2008, pp. 19-63.