Paolo e il cristianesimo delle origini

Questa ricostruzione, che manifesta l’intento di costruire sistematicamente il pensiero di Paolo a partire dalle sue lettere, non è tuttavia immune da una preoccupazione intellettualistica, peraltro fuori luogo: le lettere di Paolo non sono state costruite a tavolino.

È maggiormente corretto sostenere, invece, che il pensiero di Paolo, nella complessità con cui si presen­ta, ha un ruolo tutto particolare nell’orizzonte neotestamentario.

Ma, naturalmente, il cristianesimo non è riconducibile al solo Paolo, per quanto predominante possa essere la sua personalità. Si definisce così il concetto dell’«apaolinismo», che definisce quei testi che non risentono dell’influsso dell’apostolo: nel canone neotestamentario è rappresentato dal corpus giovanneo e dalla lettera agli Ebrei, sia pure con i problemi che questi scritti pongono. È un percor­so che si prolungherà fino al II secolo, comprendendo al suo interno anche scritti come la Didaché, la lettera di Barnaba, il Pastore di Erma e l’opera di Papia di Gerapoli.

Prescindendo dal libro degli Atti degli Apostoli, che per più della metà è dedicato alla figura di Paolo e che nessuno metterebbe in relazione con la diretta teologia dell’apostolo, conosciamo sotto il nome di questi tredici lettere, di cui sette vengono considerate autentiche dalla gran parte degli studiosi (nell’ordine canonico: Rom, 1-2 Cor, Gal, Fil, 1 Ts, Fm) e sei non autentiche, ovvero pseudoepigrafiche (Ef, Col, 2 Ts, 1-2 Tm, Tt), senza minimanente intaccare la loro appartenenza al canone del Nuovo Testamento.

Il primo gruppo di lettere riflette il sistema di pensiero originale dell’apostolo: è il «paolinismo di origine». Il secondo gruppo riflette invece il pensiero dei discepoli di Paolo, in cui il suo contributo è dunque unito a vari livelli con il contributo di tali discepoli. Pertanto, sarà denominato «scuola paolina», o anche, «paolinismo di tradizione».

Paolo ha compiuto un’attività missionaria che non ha confronto nel primo secolo, e per molti dei secoli avvenire. La testimonianza più grande al proposito si ha, forse, nell’epilogo della lettera ai Romani: «da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria (il sud dell’attuale Albania), ho portato a termine la predicazione del Vangelo di Cristo (Rom 15,19)». Tale predicazione si spinse nella stessa Roma, che l’apostolo sembra considerare co­me tappa intermedia del suo progetto di recarsi in Spagna (cf. Rom 15,24).

L’ultimo momento, quello del «paolinismo di tradizione», nasce dal fatto che il pensiero dell’apostolo ebbe un tale seguito da lasciare dietro di sé una tradizione, una scuola, di cui si fanno portavoce anonimi discepoli di Paolo. Pur nella differenza che, di fatto, s’instaura, si può notare il richiamo costante all’unico maestro. Così Paolo può essere considerato come depositario di un carisma, forse superiore a quello di Pietro, nel favorire un’ampia unità ecclesiale, che costruisce insieme chiese molto diverse e molto distanti fra di loro, che pure si rifanno all’apostolo.

Per semplificare, uno conduce all’eresia, l’altro all’ortodossia.