di Andrea Drigani • Dal 4 al 7 ottobre si è svolto a Roma il XVI Congresso della Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo nel centenario del «Codex Iuris canonici» del 1917. Ai partecipanti Papa Francesco ha inviato un messaggio nel quale scrive che la memoria della promulgazione del primo Codice di Diritto Canonico, induce a considerare il significato storico che ha avuto quella audace decisione per la vita della Chiesa. Una decisione interamente dominata dalla preoccupazione pastorale, nella consapevolezza del servizio che un diritto canonico chiaro, ordinato sistematicamente, accessibile a tutti, avrebbe potuto rendere alla cura del popolo cristiano. La scelta della codificazione (che come è noto aveva provocato qualche perplessità) segnò all’indomani della fine del potere temporale dei Papi, il passaggio da un diritto canonico contaminato, appunto, da elementi di temporalità, a un diritto canonico più conforme alla missione spirituale della Chiesa. Dopo un secolo – ha osservato Papa Francesco – non si può negare che il «Codex» pio-benedettino abbia reso un grande servizio alla Chiesa, nonostante i limiti di ogni opera umana e le distorsioni che, nella teoria e nella pratica, le disposizioni codiciali possono aver conosciuto, compresa qualche tentazione positivistica, dovuta alla imitazione della soverchiante prevalenza dei codici gli ordinamenti giuridici civili dell’Europa continentale a scapito dell’equità giurisprudenziale e della consuetudine. In sostanza – continua Francesco – la codificazione attrezzò la Chiesa per affrontare la navigazione nelle acque agitate dell’età contemporanea, mantenendo unito e solidale il popolo di Dio e sostenendo il grande sforzo di evangelizzazione. Inoltre non è da sottovalutare il ruolo della codificazione canonica nell’emancipazione dell’istituzione ecclesiastica dal potere secolare. Il «Codex» del 1917 ha dunque avuto un doppio effetto: incrementare e garantire l’autonomia che della Chiesa è propria e al tempo stesso contribuire, indirettamente, all’affermarsi di un sana laicità negli ordinamenti statali. Tuttavia – aggiunge il Papa – la ricorrenza centenaria dev’essere anche occasione per guardare all’oggi e al domani, per riacquisire e approfondire il senso autentico del diritto nella Chiesa che ha un ruolo necessario, ma di servizio. Come pure occorre riflettere su una genuina formazione giuridica della Chiesa che faccia comprendere la pastoralità del diritto canonico, la sua strumentalità in ordine alla «salus animarum», la sua necessità per ossequio alla virtù della giustizia. A tal riguardo Francesco ha citato una frase di Benedetto XVI: «Imparate a comprendere e – oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessità intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica: una società senza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è la condizione dell’amore». Non c’è carità senza giustizia. Papa Francesco ha poi rammentato quanto dichiarato da San Giovanni Paolo II per la promulgazione del «Codex Iuris Canonici» del 1983, cioè che il nuovo Codice rappresenta il grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico l’ecclesiologia conciliare. Questa affermazione di Papa Wojtyła esprime il capovolgimento che, dopo il Concilio Vaticano II, ha segnato il passaggio da un’ecclesiologia modellata sul diritto canonico a un diritto canonico conformato all’ecclesiologia. Perciò il diritto canonico può essere una strumento privilegiato per favorire la recezione del Vaticano II nel corso del tempo e nel susseguirsi delle generazioni. In particolare per alcuni tra i grandi temi quali la collegialità, la sinodalità nel governo della Chiesa, la valorizzazione delle Chiese particolari, la responsabilità di tutti i christifideles nella missione della Chiesa, il diritto canonico – ha concluso – può svolgere anche una funzione educativa facilitando nel popolo cristiano la crescita di un sentire e di un cultura rispondenti agli insegnamenti conciliari.