di Antonio Lovascio • L’Istat l’aveva fatto intendere, tanto che Governo ed INPS si sono affrettati a fronteggiare l’allungamento della vita alzando l’asticella dell’età pensionabile a 67 anni, a partire dal 2019. Ora l’OCSE è stata addirittura impietosa nel rappresentare un’Italia sempre più vecchia ed ingiusta. E’ il terzo Paese, dopo Giappone e Spagna, per invecchiamento, con 38 over 65 ogni 100 persone tra 20 e 64 anni. Aumenta anche il divario di reddito e lavoro negli ultimi trenta anni. Il tasso di occupazione è salito del 25% nella fascia 55-64 anni ed è precipitato dell’11% in quella 18-24 tra il 2000 e il 2016. Divari anche per genere: le donne hanno stipendi più bassi del 20 per cento.
In Italia, spiega l’Ocse, le ineguaglianze tra i nati dopo il 1980 sono già maggiori di quelle sperimentate dai loro parenti alla stessa età. E, poiché le disparità tendono ad aumentare durante la vita lavorativa, una maggiore diversità tra i giovani di oggi comporterà probabilmente una maggiore diseguaglianza fra i futuri pensionati, tenendo conto del forte legame che esiste tra ciò che si è guadagnato nel corso della vita lavorativa e i diritti pensionistici.
L’organizzazione di Parigi “fotografa” un’altra realtà spesso dimenticata: nel nostro Paese la percentuale di persone oltre i 50 anni (in maggioranza donne) che si prendono cura dei loro cari è del 13%, contro il 5% della Svezia. Per prevenire, mitigare e far fronte a queste differenze, l’Ocse suggerisce di “fornire servizi di buona qualità” per l’infanzia e migliorare l’educazione dei bambini, specie tra i settori svantaggiati. Questo, nota l’Ocse, potrebbe accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Inoltre occorre “assicurare una migliore transizione dalla scuola al mondo del lavoro, per combattere la disoccupazione di lunga durata e migliorare le capacità di apprendimento dei lavoratori più anziani.
Riflettendo su questo “Rapporto”, partiamo da una premessa: la longevità va considerata uno dei processi positivi del ventunesimo secolo, ma ha aperto nuove problematiche e squilibri demografici difficili da risolvere, di fronte a un così marcato crollo delle nascite. Se l’Italia invecchia, aumenta la spesa sociale e sanitaria assorbita dalla popolazione anziana. E se nel contempo non riesce a trovare adeguate risorse per investire sulla formazione giovanile, sulle politiche attive del lavoro, su ricerca, sviluppo e innovazione, sulle misure di sostegno di nuovi nuclei familiari, sulla conciliazione tra lavoro e famiglia, vedremo sempre più ridimensionati il mondo dei giovani e la “qualità” del loro contributo alla crescita economica e alla produzione di benessere sociale. Con il rischio di creare sempre più futuri anziani poveri.
Diseguaglianze, precarietà e ingiustizie vanno eliminate. Lo ha chiesto ancora una volta con forza Papa Francesco, nel videomessaggio inviato alla “Settimana sociale “ di Cagliari: «Il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori (…). Precarietà totale: questo è immorale! Questo uccide! Uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Lavoro in nero e lavoro precario uccidono». La Chiesa opera per un’economia al servizio della persona, che riduce le disparità e ha come fine il lavoro per tutti. Ma purtroppo è inascoltata dai Palazzi romani. Questo Parlamento, fortunatamente avviato a fine mandato, litiga su tutto e non elabora progetti per far ripartire il Paese. Speriamo che il prossimo – anche se con la nuova legge elettorale continuerà ad essere formato da deputati e senatori in gran parte “nominati” dai capipartito e non scelti dai cittadini – sappia finalmente riconoscere le sfide che la demografia pone e fornire risposte all’altezza delle potenzialità che l’Italia può ancora esprimere.