di Francesco Romano • Il mese di novembre è il tempo in cui il comune sentire, al di là di qualsiasi fede o ideologia – inclusi coloro che da non credenti negano ogni possibilità di esistenza dopo la morte – fa rivivere in modo sensibile il legame con quanti hanno terminato la loro esistenza terrena. La visita al cimitero dei propri cari manifesta il bisogno di perpetuare la relazione con loro attraverso un gesto concreto come la preghiera, un fiore lasciato sulla tomba o un intimo pensiero. La Chiesa Cattolica lo fa con la commemorazione dei fedeli defunti. Attraverso la celebrazione liturgica ogni persona che ha varcato la soglia di questa vita diventa oggetto del ricordo e della preghiera dell’intera comunità ecclesiale.
La visita ai cimiteri in questo mese è una tradizione che coinvolge tutti, ma per i credenti vi è anche la consapevolezza che essi sono luoghi sacri che favoriscono l’esercizio e l’incremento del culto e della pietà. Potremmo dire che la commemorazione dei defunti trova il suo compimento nella visita ai cimiteri vissuta come atto di culto. L’Ordo exsequiarum ci ricorda che la liturgia cristiana dei defunti è una celebrazione del mistero pasquale di Cristo. In essa, la Chiesa prega perché i suoi fedeli, incorporati per il battesimo a Cristo morto e risorto, passino con Lui dalla morte alla vita e, debitamente purificati nell’anima, vengano accolti con i Santi e gli Eletti nel cielo, mentre il corpo resta in attesa della venuta di Cristo e della risurrezione dei morti.
La Congregazione per la Dottrina della Fede il 15 agosto 2016 ha emanato l’Istruzione “Ad resurgendum cum Christo circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione”. L’Istruzione per sua natura non ha valore di legge, è un atto amministrativo che ha per scopo di chiarire le leggi e indicare le modalità con cui portarle a esecuzione. Pertanto, l’Istruzione Ad resurgendum cum Christo recepisce le formulazioni giuridiche espresse nei cann. 1176 §3, 1184 §1, 2°, 1205, a proposito della inumazione e della cremazione, e affonda le radici nel Depositum fidei dove la morte esprime il senso cristiano, il corpo è il tempio dello Spirito Santo da cui deriva la sua dignità, la sepoltura dei corpi richiama il significato cristiano sul modello della sepoltura di Cristo, espressione della fede nella risurrezione e punto di riferimento per il ricordo e la preghiera.
Un fenomeno che sembra essere sempre più di tipo culturale e che continua a trovare grande diffusione in tutto il mondo è la cremazione. L’Istruzione Ad resurgendum cum Christo vuole aiutare i fedeli a comprenderne il significato all’interno della Tradizione della Chiesa e del suo costante insegnamento.
La Chiesa non ha mai condannato in assoluto la cremazione come tale, anche se è stata sempre ferma nel vietarla per le motivazione contrarie alla fede cristiana dei sostenitori. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 esprimeva riprovazione per la cremazione (can. 1203 §2) e privava della sepoltura ecclesiastica chi ne avesse fatto la scelta (can. 1240 §1, 5°). Una svolta rispetto allo stretto divieto del Codice di Diritto Canonico del 1917 avviene con l’Istruzione Piam et constantem emanata dalla Congregazione del Sant’Uffizio e approvata da Paolo VI il 5 luglio 1963 in deroga ai suddetti canoni. Il testo dell’Istruzione sottolinea che la cremazione non è intrinsecamente cattiva o di per sé contraria alla religione cristiana, essa non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza di Dio di ricostruire il corpo. La Chiesa ha sempre inculcato la pia e costante consuetudine della inumazione dei cadaveri mettendone in evidenza il significato simbolico e religioso e comminando pene canoniche contro coloro che ne osteggiavano la prassi per animo avverso ai costumi cristiani, alle sue tradizioni, ai dogmi sull’immortalità dell’anima e sulla resurrezione dei morti. Questa intenzione, sottolinea l’Istruzione, “era evidentemente un fatto soggettivo, sorto nell’animo dei fautori della cremazione e oggettivamente non collegato alla cremazione stessa”.
Il decreto Ritibus exsequiarum promulgato dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino il 15 agosto 1969 precisava che i riti, soliti a farsi nella cappella del cimitero o presso la tomba, possono compiersi nella stessa sala crematoria, purché si evitino i pericoli dello scandalo e dell’indifferentismo religioso. Insomma, la cremazione non è semplicemente tollerata né, per sceglierla, si esige ancora una giusta causa. Con l’Istruzione Piam et constantem la Chiesa non ha cambiato la sua linea dottrinale sulla cremazione, anzi riafferma la preferenza per l’inumazione perché esprime meglio il significato cristiano della sepoltura nei cimiteri, la fede nella risurrezione della carne, l’onore dovuto al corpo e il ricordo che il Signore stesso fu sepolto. Nel contempo viene sottolineata la presa di distanza da scelte dettate da ragioni contrarie alla dottrina cristiana.
Direttamente connessa alla questione della cremazione è il luogo della conservazione delle ceneri per la tendenza sempre più frequente a disperderle o a conservarle nelle abitazioni. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nel Direttorio su Pietà popolare e liturgia pubblicato il 7 dicembre 2001 chiede che “in relazione a tale scelta si esortino i fedeli a non conservare in casa le ceneri dei familiari, ma a dare a esse consueta sepoltura, fino a che Dio farà risorgere dalla terra quelli che vi riposano e il mare restituisca i suoi morti”.
La Conferenza Episcopale Italiana il 2 novembre 2011 ha pubblicato la seconda edizione in lingua italiana del Rito delle esequie, dove in Appendice riserva uno spazio dal titolo Esequie in caso di cremazione. Con essa si vuole ricordare che la Chiesa, anche se non si oppone alla cremazione dei corpi quando non viene fatta in odium fidei, continua a ritenere la sepoltura del corpo del defunto la forma più idonea a esprimere la fede nella risurrezione della carne, ad alimentare la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre e a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici.
Le esequie devono precedere la cremazione, salvo casi del tutto eccezionali in cui il Vescovo diocesano deve esprimere il suo giudizio sull’opportunità di celebrarle alla presenza dell’urna con le ceneri, tenendo conto delle circostanze concrete di ciascun caso, nel rispetto dello spirito e del contenuto delle norme canoniche e liturgiche. Eccezionalmente anche riti previsti nella cappella del cimitero o presso la tomba si possono svolgere nella stessa sala crematoria. Di particolare rilievo è l’affermazione che la cremazione si ritiene conclusa solo al momento della deposizione dell’urna nel cimitero, luogo della memoria, di culto e di pellegrinaggio. Di converso, La Chiesa dichiara la contrarietà per la conservazione dell’urna nell’abitazione, ma soprattutto per la dispersione delle ceneri che possono sottintendere concezioni panteistiche o naturalistiche. Inoltre, lo spargimento delle ceneri o le sepolture anonime impediscono la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale e comunitario.
Nel mese di novembre con le manifestazioni di fede dei credenti e le usanze anche di quanti non lo sono, il pensiero accomuna tutti nel ricordo dei defunti. Riti sacri e usanze, nel modo loro proprio, sono fonte di speranza e di conforto perché, comunque la si pensi, la morte non riesce a rompere i legami tra vivi e morti, anzi il ricordo si fa presenza e la speranza esigenza di uno spiraglio che giustifichi una prospettiva di futuro, benché inconfessabile, anche per chi non si sente sostenuto dalla fede.