La Turchia ponte tra oriente e occidente
È noto a tutti che la Turchia riveste in ambito geopolitico un ruolo strategico, anche come ponte verso il mondo islamico per alcuni perfettamente rappresentato da Istanbul, principale centro industriale, finanziario e culturale turco, vista come la città dei quattro elementi con cui ha avuto inizio la storia della filosofia occidentale: terra, acqua, aria e fuoco, idea che affonda le proprie radici in Anatolia, oggi parte della Turchia, nell’antica città di Mileto. Ad Istanbul, inoltre, è possibile ritrovare la stessa unione di diversità alla base dell’integrazione europea: una città in territorio europeo ma dal respiro orientale, estremamente vivace dal punto di vista culturale, giovane e propositiva come poche altre nel mondo.
Nonostante questo l’interazione storica della Turchia con l’Europa è sempre stata complessa, se non problematica, dal punto di vista culturale. Le radici storiche e culturali della Turchia giacciono infatti in Asia Centrale e in Medio Oriente. Per questo il Paese non condivide le esperienze che legano gli Europei, dal retaggio culturale del Rinascimento e dell’Illuminismo, punti più alti del progresso scientifico e culturale del Vecchio Continente, agli orrori della Seconda guerra mondiale, il punto più basso, che tuttavia hanno costituito l’alveo in cui sono sbocciati e si sono affermati gli ideali per l’Europa unita. Da un punto di vista religioso, inoltre, nonostante l’Asia Minore sia stata la culla del cristianesimo, la Turchia è oggi una nazione a stragrande maggioranza musulmana, con tradizioni fondamentalmente diverse da quella dell’Europa cristiana.
In questo quadro le dichiarazioni rilasciate dal neo vescovo nella sua prima intervista mettono a fuoco l’impegno che è richiesto ai cristiani nel mondo. Egli ha, infatti, dichiarato che la Turchia è un grande Paese con una tradizione di multireligiosità in cui, da sempre, le religioni si sono incontrate e dove c’è sempre stato uno scambio proficuo tra la tradizione occidentale e quella orientale. Per questo oggi è più che mai importante il dialogo con l’Islam, sostenuto dalla preghiera, per superare le divisioni, le guerre sterili, il fondamentalismo. Bizzeti ritiene che la stragrande maggioranza della gente non condivida né la violenza né il fondamentalismo, per cui è necessario operare per dare voce a quello che la maggioranza della gente sente e vuole. Il suo auspicio è che sia possibile costruire ponti, stabilire dei rapporti tra le diverse comunità cristiane e tra queste e quelle musulmane.
(GS 91). Lo strumento indicato a questo fine è il dialogo fra tutti gli uomini teso alla cooperazione, da sviluppare a tutti i livelli: tra cristiani, con i credenti in Dio anche se non in Cristo, anche con i non credenti ma uomini di buona volontà (GS 92). Tale cooperazione è considerata dal documento conciliare così importante da affermare che la Chiesa è pronta a collaborare anche con coloro che le si oppongono e la perseguitano in diverse maniere in quanto, essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a questa stessa vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace (GS 92). È il modo per rendere onore al sangue versato da don Santoro, da Mons. Padovese e da tutti i martiri della storia.