Teresa di Lisieux patrona delle missioni. Vita mistica ed evangelizzazione

364 500 Francesco Vermigli
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Therese_debout_dans_le_preau_-_17_mars_1896-225x300di Francesco Vermigli • Dopo i vespri del 30 settembre 1897 moriva nel Carmelo di Lisieux la più piccola delle figlie dei coniugi Martin di Alençon, Thérèse Françoise Marie, ai più nota come Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo. Nel calendario viene ricordata il primo giorno di ottobre, come santa (dal 1925), patrona secondaria della Francia (dal 1944) e dottore della Chiesa (dal 1997, centenario della morte). Ma nel 1927 è anche stata dichiarata patrona delle missioni assieme a Francesco Saverio, e in questa veste apre al mese di ottobre, mese missionario per eccellenza. Chi conosca solo superficialmente la santa della “piccola via” potrà restare ogni volta stupito di fronte a questo fatto. E chiedersi, sorpreso, cosa abbia a spartire una giovane carmelitana di fine ‘800 con gli orizzonti sconfinati della missione, per come si è svolta nel secolo ventesimo e continua a svolgersi in questo squarcio di nuovo millennio. Forse si tratta di rivedere sia l’immagine della giovanissima santa, sia il profilo della missione cristiana.

La sua Storia di un’anima (poi risistemata sotto il titolo più asettico di Manoscritti autobiografici) è un gioiello della letteratura della Francia della belle époque. Vi si respira un’aria rarefatta, lo stile è fiorito, le immagini sono ricercate; fastidioso è all’indole dell’uomo tecnologico di oggi lo stupore fanciullesco con cui Teresa accoglie i fatti della propria vita. Uno stile, un’atmosfera, immagini che trovano conferma nelle sue poesie e nelle sue opere teatrali. Una serie di operette e di testi che esprimono un mondo raccolto nelle certezze della più ordinaria campagna francese: e che cosa potrà mai dire alla missione della Chiesa universale quell’aria liberty di un mondo che ormai non è più? Detto con chiarezza: cosa ha da spartire questo mondo di fiori e merletti, piccole stanze e scorci commoventi con i pozzi da scavare e i malati da curare? Cosa ha a che fare questa “piccola via” con il mondo grande della missione e della promozione dei popoli?

Già! quella “piccola via” decantata fino ad oggi in tante istruzioni spirituali e in tanta formazione alla vita cristiana… Il Signore si trova – si ama dire – nella vita ordinaria, nelle cose di ogni giorno, nelle cose piccole del nostro mondo piccolo… perché così – si conclude – ci ha insegnato la carmelitana di Lisieux. Se solo quelle esortazioni fossero riuscite a trasmettere anche una minima parte dell’ardore incomparabile di quella vita breve e grandiosa! Un mondo piccolo, quello di Teresa, ma come lacerato da irruzioni improvvise della luce del Vangelo, del fuoco dell’amore divino: e quelle piccole cose sono i mezzi attraverso i quali si manifesta Dio e la sua volontà. È notissimo il brano che rende conto di come quell’anima a dir poco inquieta vagasse alla ricerca del suo posto nella Chiesa. I suoi desideri grandi cercavano e non trovavano, finché giunta a meditare sui capp. 12 e 13 della prima lettera di Paolo ai Corinzi arrivò ad esclamare: “Ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto me l’hai dato tu, o mio Dio. Nel Cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’amore!”. E aggiungeva: “Capii che […] spento questo amore, gli apostoli non avrebbero annunziato più il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e tutti i luoghi, in una parola, che l’amore è eterno”. La dichiarazione papale di tanti anni fa: “Teresa patrona delle missioni” nasce in ultima istanza dall’entusiasmo di quella scoperta improvvisa. Perché è in virtù di questa consapevolezza ottenuta in un momento di orazione intensa e vibrante che quel piccolo mondo che oggi non è più, si irradia in ogni luogo e in ogni tempo.

Teresa ebbe due “fratelli sacerdoti”, quando cioè la madre del Carmelo affidò alla sua preghiera le fatiche apostoliche di due giovani missionari francesi. Nelle lettere che scambiò con ciascuno di essi, ora nella preghiera li segue tra le fatiche di una vita sfiancante ed esigente, ora incuriosita chiede informazioni su luoghi lontanissimi ed esotici. Ma dietro tutto questo, la certezza che la spinta più intima dello zelo missionario è la corrispondenza all’imperativo dell’Amore che è Dio. Bonum est diffusivum sui dice il filosofo, caritas Christi urget nos risponde l’Apostolo, “l’Amore che è Dio racchiude tutte le vocazioni” replica Teresa; ma tutti concordi nel riconoscere all’Amore che è Dio una tendenza inarrestabile alla diffusione: la missione cristiana in ultima istanza nasce da questa identità intimamente estroversa della natura del Dio trinitario. Per questo le fatiche apostoliche della Chiesa allora potevano essere raccolte nella preghiera continua e ora possono esserlo nell’intercessione celeste di una giovane donna di un piccolo mondo, che oggi non è più.

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Francesco Vermigli

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