di Gianni Cioli • Le tematiche della relazione di cura tra il medico e il paziente e delle decisioni di fine vita, sono state al centro dell’incontro che si è svolto giovedì 17 settembre 2015 presso la Sala Zuccari del Senato con la partecipazione del Presidente del Senato Pietro Grasso, del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, del Cardinale Gianfranco Ravasi, del Presidente della Fondazione, Giuliano Amato, del Senatore Luigi Manconi, e di alcuni esperti di diritto e di medicina, tra cui Paolo Zatti, Laura Palazzani e Alberto Giannini
L’evento è stato organizzato dal “Cortile dei Gentili”, la Fondazione che promuove il dialogo tra credenti e non credenti. Nel corso dei lavori sono stati esposti i contenuti e gli intenti del documento “Linee propositive per un diritto della relazione di cura e delle decisioni di fine vita”, elaborato da alcuni membri del Comitato Scientifico della Fondazione, grazie all’aiuto anche di contributi esterni.
Il documento elabora un importante paradigma per collocare le scelte sul fine vita a partire da una interpretazione personalistica della relazione di cura.
Questa non dovrebbe essere più considerata nella prospettiva di una dialettica fra libertà e autorità, bensì dovrebbe essere vista e vissuta come un dialogo costante fra paziente e medico. Su questa premessa il documento definisce e chiarisce tre fondamentali principi guida per le cure: appropriatezza, proporzionalità e consensualità.
La cura è appropriata non solo quando soddisfa i parametri di oggettiva validità scientifica, ma anche quando è in sintonia con il sentire del paziente rispetto al suo bene.
La cura è proporzionale quando, a fronte dei benefici previsti, tiene conto anche della sofferenza della persona come pure dei limiti di tolleranza dell’invasività della tecnologia nel corpo del paziente. Per cui dovrà essere interrotta e rimodulata là dove non risulti proporzionata sotto l’uno o sotto l’altro profilo.
La cura è consensuale quando percorre un processo capace di condurre a decisioni terapeutiche commisurate alle condizioni, alla capacità e alla disponibilità del paziente.
Gli strumenti cardine per attuare questi principi guida sono: la pianificazione condivisa delle cure, la figura del fiduciario e le dichiarazioni anticipate del paziente. La pianificazione condivisa delle cure consente al medico e al paziente di prevedere il decorso della malattia e di valutare le ipotesi di trattamento. Il fiduciario è la persona dalla quale il paziente può decidere di essere affiancato ed essere, in caso di perdita della capacità, rappresentato e tutelato nella relazione di cura. Tale figura si profila come essenziale là dove sia utilizzato il terzo strumento, ovvero le dichiarazioni anticipate del paziente. Queste non devono costituire un onere per la persona che resta libera di giovarsene o no. In caso di perdita di capacità le dichiarazioni anticipate rimarranno affidate alle collaborazione fra il medico e il fiduciario. Questi dovranno attualizzarle interpretando l’evolversi della situazione in maniera autenticamente rispettosa della volontà del paziente.
Nella relazione terapeutica si deve prevedere il possibile rifiuto delle cure quando non siano percepite come appropriate da parte del paziente. Nei casi di legittimo rifiuto o di non proporzionalità delle cure – sottolinea il documento – «l’astensione e l’interruzione sono condotte che adempiono a un dovere deontologico e come tali devono essere sottratte a sanzione, sia civile che penale. Per converso, ove l’interruzione esiga l’intervento del medico e possano insorgere in ciò i presupposti per l’obiezione di coscienza, il medico potrà legittimamente sottrarsi all’intervento, nel rispetto tuttavia del dovere deontologico di assicurare altrimenti la continuità di assistenza» http://www.cortiledeigentili.com/catalogo_eventi/sintesipropositive.pdf.
Il documento, come ha spiegato la filosofa del diritto Laura Palazzani nel corso della presentazione, ha inteso prendere le distanze da un bipolarismo etico ricorrente negli odierni dibattiti politici nei quali si contrappone spesso l’affermazione del diritto a morire (di poter scegliere come e quando morire), da un lato, e quella del dovere incondizionato e assoluto di vivere (posticipando la morte all’estremo in una sorta di vitalismo biologico), dall’altro.
Secondo la Palazzani inoltre, nella relazione di cura, ovvero nella costruzione di un rapporto personale fra medico e paziente (con l’eventuale collaborazione di un fiduciario), si supera la visione unidirezionale del paternalismo per cui il medico può decidere senza informare e senza ascoltare; ma si supera anche la visione unidirezionale del contrattualismo dove solo il paziente deve decidere e il medico soltanto eseguire.
L’ordinamento italiano offre, in materia di relazione di cura, un insieme ricco e complesso di indicazioni, che tuttavia mostra il limite di una crescente distonia tra i diversi livelli normativi, come pure di significative sacche di incertezza. È auspicabile che le “Linee propositive” presentate dal del Cortile dei Gentili possano contribuire all’attuazione di proposte di legge relative alle scelte di fine vita rispettose della dignità della persona e condivisibili.