L’umile pasqua ordinaria. La domenica
di Carlo Nardi • Non si sa per certo se a Roma nel secondo secolo si celebrasse tutti gli anni la pasqua, come noi la intendiamo. Di certo si celebrava quella settimanale, il ‘giorno del Signore’, la domenica. Racimolare le più antiche testimonianze sulla domenica ci fa bene anche per vivere la pasqua annuale.
L’idea del compimento delle profezie nella pasqua domenicale con il sacrificio eucaristico è nel vescovo Ignazio di Antiochia in cammino attraverso l’Asia Minore alla volta di Roma, dove sarà martirizzato verso il 108: «Quelli che si regolavano in base alle antiche prassi» del Vecchio Testamento, «sono giunti alla novità della speranza» cristiana: ora, gli ebrei fattisi cristiani, «non osservano più il sabato, ma vivono nella scansione del giorno del Signore», la domenica, pasqua di risurrezione, «nella quale anche la vita di noi» un tempo pagani «è sorta per mezzo di Lui e della sua morte» (Lettera ai cristiani di Magnesia 9,1). In quegli essi anni in Asia Minore Plinio il Giovane, da proconsole romano, doveva pensare con preoccupazione alla domenica, quando riferiva all’imperatore Traiano che i cristiani, «avevano l’abitudine di riunirsi prima dell’alba in un giorno fisso per avvicendarsi insieme in un canto a Cristo, come a un dio, e impegnarsi in un giuramento» all’osservanza dei comandamenti, per poi sciogliersi e «riunirsi di nuovo per prendere un cibo ordinario» (Lettere X,96,7). Era quello che un pagano del tempo poteva sapere dell’eucaristia? Anzi, date le due riunioni, di una specie di lodi mattutine e poi della messa? Succedeva tra il 111 e il 113.
Da quanto fanno capire le voci antiche, la pasqua ‘speciale’, annuale, è in funzione di quella ‘normale’, la domenica settimanale. E quello che ci dicono non è poco per la nostra vita, per una vita serena nel tempo che è di Dio.