Libertà e manipolazione. Una riflessione sulla società e sulla Chiesa di K. Rahner
di Dario Chiapetti • La riflessione del teologo tedesco K. Rahner sul rapporto tra libertà e manipolazione viene ora riproposta, a distanza di circa mezzo secolo, come una provocazione ricca di spunti di riflessione teologica, antropologica, ecclesiologica e sociologica nell’attuale situazione culturale in continua trasformazione.
Non è inutile osservare, come premessa, che “Libertà e manipolazione. Una riflessione sulla società e sulla Chiesa” (EDB, 2013) rappresenta un’articolazione di pensiero del teologo gesuita nell’immediato post-concilio, di cui egli è stato attore, periodo caratterizzato da un grande entusiasmo per la novità che l’evento ecclesiale del Vaticano II si era rivelato di essere ma anche da una coscienza disincantata circa la situazione ecclesiale in cui si trovava la Chiesa da secoli, e la cui sua riforma non poteva avvenire ex-abrupto, andando contro i dinamismi connaturali alla sua essenza di “organismo visibile […] sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino” (LG 8).
Le considerazioni dell’Autore si presentano come tentativo di mettere in luce la problematica insita nella dialettica tra i concetti di libertà e manipolazione, di trattarla innanzitutto secondo la sua originale rilevanza teologica e, secondariamente, nelle sue implicazioni ecclesiologiche.
Del concetto di libertà è messa in luce la sua duplice peculiare caratterizzazione, la sua misteriosità (“è oscuro che cosa sia”) e il suo non potersi attuare se non nelle possibilità concrete della Chiesa e della società. Vi è una libertà teologicamente intesa (“libertà per Dio”) e una libertà civile; tra la prima e la seconda esistono rapporti reciproci al punto che “l’idea che l’uomo […] sia sempre libero anche se egli è nato in cattività, è […] fondamentalmente falsa”.
Se la libertà creaturale, per inverarsi, necessita di un “margine di libertà spazio-temporale”, la libertà civile acquisisce una sua vera e propria rilevanza teologica, che andrebbe ricercata anche se “le cose andassero bene”: “la libertà non è soltanto un metodo per realizzare una cosa ma è semplicemente la cosa stessa” e “la realtà profana […] non è soltanto l’occasione […] ma la cosa stessa che entra nello stato definitivo del soggetto di libertà“. Ne consegue che “se la salvezza è lo stato definitivo di questa vita concreta, allora non può essere indifferente al soggetto di salvezza quali concrete possibilità di vita gli sono effettivamente date. Quelle che realmente gli vengono offerte costituiscono in ogni caso dei momenti del suo stato definitivo eterno; quelle che gli restano precluse lo sono per sempre […] non ci si può sottrarre all’enorme importanza di questo principio, pensando che il possesso di Dio con la visione beatifica supplisca a tutte queste lacune”.
La manipolazione, poi, viene presentata come conseguenza, anzi, parte stessa della libertà: ogni esercizio della libertà personale nell’ambito del finito va a configurare una situazione manipolata che influisce sul margine di libertà altrui. Ora, vi è una manipolazione incolpevole, e quindi inevitabile, e una peccaminosa, quando la prima viene istituzionalizzata; la colpevolezza, poi, viene individuata nella concupiscenza dell’uomo che lo rende incapace di integrare “il pluralismo del suo stato di libertà“.
Libertà e manipolazione sono termini che costituiscono una vera e propria unità, non statica ma dinamica: la storia è la concretizzazione di tale unità; è evoluzione (e non rivoluzione); è storia-di-libertà, qualcosa da realizzare sempre di nuovo.
Tale creatività della storia “chiama in causa la piena responsabilità dell’uomo”. Il cristiano, in particolare, nei riguardi della società, si ritrova nella figura dello scettico, portandosi verso un atteggiamento conservatore, come di fatto spesso si è verificato, o di testimonianza della speranza escatologica, che, se autentica, non paralizza impegno e decisione ma fa partecipare il soggetto alla storia di libertà, in quanto quest’ultima è “la via necessaria” per la realizzazione del definitivo.
Il rapporto dialettico tra libertà e manipolazione, dandosi anche a livello ecclesiale, va istituzionalizzato, e questo in modo che tenda a eliminare (anche se solo in modo asintotico) la manipolazione, resa così vero e proprio strumento della libertà.
La Chiesa deve essere luogo e istanza critica di libertà, e può esserlo se crea in sé modelli di realtà favorenti libertà. La dottrina che non riconosce spazi di libertà si auto-danneggia: occorre passare da una concezione paternalistica di autorità ad una funzionale, facendo partecipare i laici alla scelta dei pastori e creando “controistanze di controllo” accanto agli uffici ordinari.
Frecce puntate in alto quelle di Rahner ma che hanno il pregio di porre attenzione sulla centralità della libertà e di considerarla nella prospettiva dialogica (col suo opposto, la manipolazione), e di connetterla alla verità. Nella libertà il dialogo, nel dialogo la verità, nella verità la salvezza, nella salvezza l’uomo.