di Francesco Romano • Nella ricorrenza del cinquecentesimo anno della data di nascita di Santa Teresa di Gesù, il 28 marzo 2015 Papa Francesco ha inviato al Preposito Generale e all’intero Ordine Carmelitano Teresiano una lettera con cui esprime il desiderio di unirsi “con tutta la Chiesa al rendimento di grazie della grande famiglia Carmelitana Scalza – religiose, religiosi e secolari – per il carisma di questa eccezionale donna”.
Il Papa indica tre linee di riflessione: la testimonianza della consacrazione di Teresa nata direttamente dall’incontro con Cristo; la sua preghiera come dialogo continuo con Dio nel fare esperienza della scoperta dell’umanità di Cristo; la vita comunitaria radicata nella maternità della Chiesa e nell’amore fraterno.
L’umanità di Cristo nell’esperienza di Teresa è l’incontro di Dio nella persona di Gesù, cioè un “uomo come noi, soggetto alle nostre stesse debolezze e sofferenze” (V 22, 10) che non si meraviglia della miseria umana perché conosce la fragilità della natura umana (V 37, 5). Gesù, nella sua umanità, rivestito di terra nella condivisione con la nostra natura, affascina Teresa (V 12, 2) e le rivela la pienezza dell’umano perché va oltre ciò che è solamente umano divenendo il tempio dello Spirito. Perdere di vista l’esperienza dell’umanità di Cristo fa uscire dalla comunione con il Dio vivente e apre la strada a un’ascesi esasperata.
Teresa è innamorata dell’umanità di Gesù (V 12, 2) il compagno irrinunciabile della sua vita: “è troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene separare!” (Seste Mansioni [M] 7, 13). L’esclamazione “Mi baci con i baci della sua bocca” (Cantico dei Cantici 1, 2) stupisce la stessa Teresa, ma le fa scorgere “quella strettissima unione che Dio ha attuato col farsi uomo: cioè l’amicizia da lui contratta col genere umano, dato che il bacio è un chiaro segno di pace e di grande amicizia fra due persone” (Pensieri sull’amore di Dio [Pa] 1, 10)
Il secondo punto di riflessione nella lettera del Papa si riferisce all’umanità di Gesù, centro della preghiera di Teresa e fondamento di tutte le grazie mistiche: “separarsi da ciò che è corporeo per ardere continuamente d’amore è proprio degli spiriti angelici, non di noi che viviamo in corpo mortale. […] Non dobbiamo separarci dalla santissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio” (Pa 7,6). “Superbia” ed “umiltà” sono due atteggiamenti in cui l’uomo può trovarsi nel fare l’esperienza di Dio nell’orazione. “Pretendere di elevare lo spirito indipendentemente da Dio è un principio di superbia” (V 22, 5). Questo accade a chi non vuole unirsi all’umanità di Gesù. Scrive Teresa: “l’edificio dell’orazione deve fondarsi sull’umiltà. Quanto più un’anima si abbassa nell’orazione, tanto più Iddio la innalza. Non mi ricordo di aver ricevuto una sola delle grandi grazie se non quando mi sono sentita annientare alla vista della mia miseria” (V 22, 11).
Teresa vive la preghiera come esperienza di “un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati” (V 8, 5) e incoraggia a non rinunciare mai all’amicizia che deriva dall’orazione e a non cedere di fronte alla sfida del demonio, come ha fatto con lei, nel cercare di convincere di essere indegni di intrattenere una così stretta amicizia con Dio (V 19, 10). Aggiunge Teresa: “chi ha cominciato a fare orazione non pensi più di tralasciarla, malgrado i peccati in cui gli avvenga di cadere. Non si non faccia tentare dal demonio a lasciarla per umiltà, come ho fatto io, e si persuada che la parola di Dio non può mancare” (V 8, 5).
Anche nella più alta contemplazione trinitaria Teresa è ispirata dall’umanità di Gesù: “Altre volte [la SS. Trinità] mi si era rappresentata in visione intellettuale. […] Secondo me quello che ho veduto, si tratta di tre Persone distinte che si possono vedere e a cui si può parlare separatamente: verità dimostrata pure dal fatto, secondo la percezione che ne ho sperimentato, che a prendere umana carne è venuto soltanto il Figliolo” (Relazioni spirituali [R] 33). Nelle visioni intellettuali Teresa si compiace che il Signore voglia favorirla con maggiore affetto quando “mostra svelatamente la sua sacratissima Umanità sotto la forma che vuole, o come era quando viveva sulla terra o come è dopo la sua resurrezione” (6 M 9, 3).
Il pensiero dell’Umanità di Cristo ha accompagnato Teresa nei gradi più alti della contemplazione anche andando contro coloro che le consigliavano di allontanare il pensiero della sua Umanità perché, ella dice, “vorrei far capire che ben diversa dalle altre cose corporee è la sacratissima Umanità di Cristo” (V 22, 8). Teresa ha avuto le rivelazioni più alte sui misteri dell’Umanità di Cristo e per mezzo di essa è stata elevata allo stato del matrimonio spirituale: “come già altre volte, mi porse la destra e mi disse: guarda questo chiodo, è segno che da oggi in poi tu sarai mia sposa. Finora questa grazia non l’avevi meritata, ma d’ora in poi tu avrai cura del mio onore non solo perché sono tuo Dio, tuo Re e Creatore, ma anche perché tu sei mia vera sposa” (R 35).
Infine, il terzo pensiero presente nel saluto del Papa è di considerare il radicamento della vita comunitaria nella maternità della Chiesa. Teresa chiama la sua prima comunità di San José di Avila “piccolo collegio di Cristo”, una comunità di tredici monache come gli apostoli riuniti attorno a Gesù. La comunità si costruisce intorno a Gesù nella comune ricerca della sua amicizia, una vita vissuta nel desiderio di cercare comunitariamente la sua volontà in un cammino di reciproco amore e di vivere uno stile di vita sull’esempio da lui dato. La dimensione ecclesiale della comunità è anche visibile nel riconoscersi generata dalla presenza e dalla parola del Signore come avveniva con i suoi discepoli.
Il ringraziamento di Papa Francesco rivolto alle comunità carmelitane teresiane è unito all’auspicio che “con queste nobili radici” possano testimoniare l’amore fraterno e la maternità della Chiesa “presentando al Signore le necessità del mondo lacerato dalle divisioni e dalle guerre”.