Capitalismo finanziario e immigrazione
di Leonardo Salutati • Si è parlato molto di Pirelli nelle scorse settimane in relazione alla vendita dell’intera impresa alla società cinese Chem-China, una multinazionale che figura al 276mo posto tra le 500 imprese globali elencate da Fortune (21 luglio 2014) con 40 miliardi di dollari di vendite.
Un articolo di due esperte giornaliste de Il Sole 24 Ore del 26 marzo 2015, Laura Galvagni e Marigia Mangano, che hanno seguito passo dopo passo le evoluzioni nel capitale Pirelli, ricostruisce in maniera attendibile quanto ricevono i soci italiani di Pirelli, dopo il riassetto degli ultimi due anni che si concluderà con la vendita ai capitalisti cinesi di Chem-China, attraverso la maxi opa che Chem-China si appresta a lanciare sul gruppo. Le giornaliste, confrontando i prezzi di carico dei principali soci della Bicocca e il possibile valore di realizzo a 15 euro per azione, mettono in luce come i soci ricavino un importo di 1,2 miliardi di euro di plusvalenza, sottolineando che gli interessi degli italiani e quelli dei cinesi sono parsi coincidenti fin da subito favorendo, per questo, una veloce intesa sul governo dell’azienda perché, si sottolinea, il partner cinese si è mostrato subito disposto a riconoscere i meriti dell’attuale guida.
Se oggi di fronte al massiccio arrivo di immigrati sulle nostre coste c’è, a tutti i livelli, grande preoccupazione e il timore di una invasione non controllabile, riteniamo che altrettanta preoccupazione dovrebbe suscitare in coloro che sono responsabili del bene comune sia a livello politico che economico, la colonizzazione finanziaria in Italia di un capitalismo senza scrupoli (la Cina cui fa capo Chem-China, ad oggi non è il massimo esempio in tema di rispetto dei diritti umani anche se, riguardo agli scrupoli, il capitalismo italiano rivela aspetti comunque inquietanti) e fortemente controverso (i russi di Rosneft sono espressione di quella nuova oligarchia finanziaria russa abbastanza discutibile).