Vent’anni di leggi, ma la strage di donne continua

 

Non basta quindi celebrare il 25 novembre la Giornata internazionale voluta nel Duemila dall’Onu. I “drappi rossi” esposti ai balconi come simboli di sdegno sono encomiabili, ma a questo punto servono solo fatti concreti. Le leggi ci sono , ma manca tutto il resto: niente fondi, centri costretti a chiudere, piano antiviolenza mai decollato, vittime senza tutela e un esercito crescente di bambini o giovani che si ritrovano improvvisamente orfani: sono almeno 1600 in Italia i figli di questo “olocausto familiare” (censiti da un coraggioso progetto europeo) che vorrebbero veder riconosciuti i loro diritti.

In un prossimo futuro questa “coscienza rinnovata” dovrebbe tradursi in un maggior coinvolgimento nelle responsabilità e nelle decisioni della Chiesa. Per questo Bergoglio ha aperto all’idea di creare una commissione di studio, convinto che “il pensiero della donna è importante, più della sua funzione” perché “pensa in un altro modo di noi uomini”: quindi “non si può prendere una decisione buona e giusta senza sentirla”. Ora, lo ha detto ai giornalisti nel viaggio di ritorno dall’Armenia, il Papa aspetta che si rifaccia il dicastero dei laici per continuare questa riflessione, ma intanto ribadisce:”La Chiesa è donna. Non è una donna zitella, è una donna sposata con il figlio di Dio”.

La via è dischiusa ( come giustamente hanno commentato affrontando il tema delle diaconie padre Antonio Sciortino su “Famiglia Cristiana” e Stefania Falasca su “Avvenire”) e lascia intuire ulteriori progressi che potranno essere rilevanti per tutti. Non solo per la comunità cristiana, che proprio in questo campo potrebbe avere un ruolo di promozione e di stimolo all’intera società. La Chiesa corre avanti nel segno dei tempi: può quindi dare il suo contributo educativo anche per fermare lo spargimento di sangue femminile ed arginare una deriva di malvagità.