di Dario Chiapetti • Il dettato di Evangelii gaudium, «Tutto il popolo di Dio annuncia il Vangelo» (n. 111), e la sua conseguenza, l’urgenza di mettersi «in ascolto del popolo» (n. 154s.), suggerisce come una teologia del popolo di Dio, presentata a partire dal Concilio Vaticano II (cf. Lumen gentium II) apra orizzonti di comprensione circa l’identità della Chiesa e dei suoi membri. Ciò è ancora più necessario se si considerano i mutamenti socio-culturali e le problematiche nelle prassi ecclesiali ad essi connesse, soprattutto per quanto concerne le figure e le rispettive competenze dei chierici e dei laici.
Peter Neuner in Per una teologia del popolo di Dio (Queriniana, 2016, 246 pp.) appronta uno studio storico e sistematico proprio sulla suddetta questione.
L’Autore ricorda che il termine laós «tutte le volte in cui nel Nuovo Testamento viene usato in modo teologicamente significativo […] indica i credenti e i battezzati», lo stesso vale per klerôs (cf. 1Pt 5,3); laikós – che nel greco extra-biblico «si riferisce alla moltitudine della popolazione in contrapposizione ai governanti» – viene opportunamente evitato. In età patristica si fa sempre più largo la distinzione tra chierici e non-chierici anche se le due figure stanno tra loro in profonda unità se si pensa, ad esempio, che il vescovo è eletto dal popolo locale. In età medioevale il chierico, designando il vir spiritualis che regge e insegna, si distingue ancor più dal laico, il vir saecularis, subditus, illitteratus. Lutero critica la profonda separazione delle due classi richiamando la dignità della vocazione battesimale che fonda il sacerdozio universale; Trento risponde affermando il carattere indelebile che imprime l’ordinazione e «che eleva – afferma Neuner – il sacerdote al di sopra del laico. Lo introduce nella gerarchia, fondata per istituzione divina». Con l’Illuminismo “laico” designava l'”anti-ecclesiale”, con Pio XI colui che, come ebbe a dire in riferimento all’Azione Cattolica, “partecipa all’apostolato della gerarchia”.
Col Vaticano II la Chiesa è presentata, sia come mysterion e communio sanctorum, ritrovando la preminenza dell’aspetto teologico su quello istituzionale, sia come popolo di Dio, recuperando l’imprescindibile dimensione biblica. Dei laici si dice che sono, sì, i fedeli non-chierici ma anche che mediante i sacramenti e l’azione dello Spirito Santo, sono resi partecipi del triplice ufficio di Cristo; il loro apostolato non richiede perciò – afferma Neuner – «nessun conferimento di poteri da parte del clero», sono chiamati a collaborare con la gerarchia (cf. LG 33) e hanno il dovere di far conoscere il loro parere sui temi ecclesiali (cf. LG 37), godono della stessa dignità dei chierici che scaturisce dal battesimo ma hanno come ambito specifico di apostolato il secolo (cf. LG 31). Per Apostolicam Actuositatem essi sono «veri apostoli» (n. 6) «deputati dal Signore stesso all’apostolato» (n. 3); per Sacrosanctum Concilium essi sono soggetti della celebrazione liturgica; per Gaudium et Spes devono assolvere al compito di trattare le realtà terrene, le quali godono di «autonomia» e «hanno leggi e valori propri» (n. 37), e di acquisire una vera perizia in esse (cf. n. 43) anche in un certo pluralismo nei giudizi di coscienza (cf. n. 43).
Il post-concilio riaffermò il dettato conciliare ma sottolineando la distinzione tra le due figure, anche a seguito di esperimenti pastorali di integrazione dei laici non perfettamente riusciti.
Dopo aver presentato le letture della figura del laico approntate da Congar, Rahner, Schillebeeckx, Balthasar, ecc., Neuner arriva al cuore della sua riflessione. Egli concentra la sua attenzione sulla difficoltà di dedurre una definizione univoca di laico. “Non-chierico” non dice alcuna specificità, inoltre, come affermò Ratzinger, è il chierico a doversi definire in relazione al laico, non viceversa. “Colui che è nel secolo” è prospettiva limitata: il dettato di LG 31 sopra richiamato nella prospettiva di Neuner, di Kaiser ed altri vuole essere non «una definizione teologica ma una descrizione tipologica». Infine, il teologo tedesco cerca di mostrare come neanche dalla prospettiva che si concentra sulla differenziazione «essenzialmente e non solo di grado» (LG 10) tra sacerdozio comune e ministeriale, dalla dottrina dell’agire in Persona Christi del chierico e dall’analisi dei differenti modi di partecipazione ai tre uffici se ne possa dedurre una definizione di laico.
Occorre per l’Autore passare dall’uso della nozione di laico a quella di popolo di Dio, soggetto del sensus fidelium (cf. LG 12), in cui sono compresi anche coloro che svolgono particolari uffici. Ciò apre per Neuner alle considerazioni che Ratzinger faceva sul «modello classico di una “democrazia” ecclesiale» come Cipriano sosteneva: nihil sine episcopo, sine consilio vestro, sine consensu plebis.
E ciò nel senso che gregge e pastore vivono una certa communicatio idiomatum: «Che bello, Santo Padre – sono le parole di un parroco che Francesco ha voluto leggere durante il recente giubileo dei sacerdoti -, quando […] se per caso il pastore esce dal sentiero e si smarrisce, loro lo afferrano e lo tengono per mano».