Il sinodo panortodosso si è concluso. Verso il futuro
di Basilio Petrà • La domenica 26 giugno si è chiuso con una solenne celebrazione liturgica il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa.
L’assemblea sinodale ha lavorato intensamente nei giorni tra il 20 e il 25 giugno, pervenendo a votare unitariamente i sei documenti presentati al Sinodo e sottoposti a varie modifiche e aggiunte. Ha anche approvato e sottoscritto un Messaggio del Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa a tutto il popolo ortodosso e a tutti gli uomini di buona volontà e una più ampia Enciclica del Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa (Creta 2016).
Delle 14 Chiese autocefale attese alla fine solo 10 sono state presenti. Dall’inizio di giugno, giorno dopo giorno, hanno dichiarato la loro indisponibilità ad essere presenti il patriarcato di Antiochia, il patriarcato di Georgia, il patriarcato di Bulgaria ed infine il patriarcato russo. Seppure variamente coniugati, i motivi dell’assenza –fossero essi anche in parte politici e giurisdizionali- ruotavano intorno all’idea che su alcuni documenti presentati non c’era il consenso unanime di tutte le Chiese e che dunque era opportuno rinviare il Sinodo e affrontare previamente tali divergenze.
La proposta di rinvio non è stata recepita dal patriarca ecumenico Bartolomeo II, che facendosi forte del fatto che tutti i sei documenti presentati erano stati sottoscritti da tutte le Chiese (con l’eccezione del documento sul matrimonio, non firmato dalla Georgia) ha ritenuto non opportuno cambiare il programma previsto. Ha solo rinnovato agli assenti l’invito a partecipare.
Ovviamente sarà il futuro a dire il reale significato storico di questo evento, che ha visto l’impegno di molti e ha consentito all’Ortodossia la possibilità di affrontare alcuni suoi problemi interni e di esprimersi unitariamente su molte sfide contemporanee.
Si possono tuttavia dire alcune cose fin da ora.
La prima è che l’aver condotto a termine l’impresa del Sinodo costituirà per il patriarca Bartolomeo II un titolo imperituro di onore. Anche se la partecipazione panortodossa è mancata, esso rimane tuttavia un Sinodo convocato come panortodosso da tutte le Chiese (gennaio 2016) e le sue conclusioni si rivolgono come sinodali a tutta l’Ortodossia. Certo, hanno qualche ragione i serbi allorché invitano a considerare questo momento come prima fase del Sinodo panortodosso, ma in fondo tra le due posizioni non c’è contraddizione dal momento che nell’Ortodossia il carattere panortodosso dei sinodi si mostra più nel processo di ricezione che nel processo di convocazione.
La terza cosa che si può dire è che questo Sinodo non ha toccato la questione più rilevante pur presentando nel Messaggio al popolo ortodosso,1 una proposta che non può essere realizzata senza toccarla. Mi riferisco alla questione dell’autocefalia e la proposta è la seguente: “Durante le deliberazioni del Santo e Grande Sinodo l’importanza delle Sinassi dei Primati che hanno avuto luogo è stata sottolineata ed è stata fatta la proposta che il Santo e Grande Sinodo diventi un’istituzione regolare da convocare ogni sette o dieci anni”.
In ambienti russi è stata avanzata subito l’obiezione che una tale convocazione regolare diminuirebbe il senso e l’autorità della struttura ecclesiale basata sull’autocefalia.
Probabilmente l’obiezione è eccessiva. Tuttavia c’è sotto un problema reale. Il Sinodo di fatto è stato realizzato da rappresentanti delle chiese autocefale: i primati e un numero prefissato di vescovi (24). La stragrande maggioranza dei vescovi ortodossi non è stata presente né ha avuto modo di pronunciarsi sui documenti. Il Sinodo ha tuttavia preso decisioni pastorali e canoniche che riguardano tutte le chiese autocefale (tutti i vescovi di esse) e ne regolamentano alcuni aspetti. Se una Chiesa autocefala che pure abbia votato al Sinodo nella realtà non recepisce le decisioni sinodali o le recepisce in parte, chi prevale ? O se solo una parte della Chiesa autocefala le recepisce, che accade ? E, come è accaduto in questo Sinodo, se alcune Chiese non hanno nemmeno votato i documenti nella loro forma finale, a cosa mai possono essere tenute ?
La questione teologica dell’autocefalia dunque accompagna inevitabilmente l’eventuale ruolo crescente del Sinodo panortodosso.
Ma c’è di più, l’autocefalia è anche la questione che sta dietro alle assenze delle quattro chiese surricordate: nessuna di esse è disposta a metterla a repentaglio, anche perché autocefalia e nazionalismo vanno di concerto. In moltissimi casi, chiesa nazionale e chiesa autocefale coincidono. Si ricordi poi che patriarcati storici come Costantinopoli, Alessandria e Gerusalemme sono considerati da gran parte degli ortodossi semplicemente greci.
Venendo a concludere brevemente queste poche e iniziali note, si può dunque dire senza alcun dubbio che il Sinodo è stato un momento importante e prezioso per l’Ortodossia. Certamente apre un cammino nuovo.
Tuttavia, il suo stesso svolgersi ha messo ancora più chiaramente in luce che esso non potrà portare pieno frutto se l’Ortodossia non elaborerà un’adeguata teologia dell’autocefalia, capace di armonizzarsi anche proceduralmente con la comprensione cattolica e pienamente sinodale della Chiesa.