di Francesco Romano • La solennità che la Chiesa ha celebrato il 29 giugno ci presenta due figure unite da una stessa missione affidata dal Signore agli apostoli, ma attuata con differenti ministeri. Gesù dopo aver fondato la Chiesa scelse tra i suoi discepoli i dodici apostoli conferendo loro il sacerdozio ministeriale e la missione di pascere il popolo di Dio istituzionalizzata mediante la creazione di vari ministeri
Con la creazione del collegio apostolico la Chiesa ha ricevuto l’ordo cioè un’organizzazione fatta di uffici, organi e funzioni ministeriali, che comporta la relazione con i fedeli, cioè la plebs. La struttura costituzionale ordo-plebs si riconosce nel vincolo della communio hierarchica, cioè nella relazione tra il popolo cristiano sotto la guida dei sacri pastori.
Pertanto, la struttura ecclesiale è gerarchicamente organizzata in vari ministeri assumendo la missione che Cristo ha affidato agli apostoli e ai loro successori nel collegio episcopale. Di questo corpo indiviso e gerarchicamente organizzato il Papa è il principio visibile di unità della comunione gerarchica. I presbiteri e i diaconi vi sono inseriti come “cooperatori” dei vescovi.
La missione consegnata da Cristo agli apostoli deve durare fino alla fine dei tempi. Da qui si riconosce la sua volontà fondazionale che si compie attraverso l’istituzionalizzazione della missione con la creazione di vari ministeri come elemento permanente e oggettivo. Solo l’istituzionalizzazione del ministero permette che ci sia successione propriamente detta tra i titolari della missione, ma senza di essa ci sarebbe solo partecipazione o continuità. Rispetto alla missione di Cristo può esserci solo partecipazione e non successione perché la titolarità della sua missione è strettamente personale.
L’azione fondazionale del Signore ha visto tra i vari uffici l’istituzionalizzazione del ministero petrino, un ministero specifico e soggetto a successione nella titolarità, concesso a Pietro in modo strettamente personale, dove i suoi successori nell’ufficio primaziale vengono scelti tra i membri del collegio episcopale come avvenne in origine.
Il collegio apostolico è il gruppo istituzionalizzato dal Signore chiamato a svolge unitariamente la missione ed è il soggetto di attribuzione della stessa, in cui non esiste una titolarità personale, ma solo nel suo insieme ne è il soggetto di attribuzione, da svolgere unitariamente. Si pensi al completamento del collegio apostolico con la sostituzione di Giuda di cui quella di Mattia non fu per successione, bensì per sostituzione mettendo in evidenza la dimensione istituzionale transpersonale del collegio di cui ciascun membro singolarmente preso non è una figura istituzionalizzata.
Il collegio apostolico, in quanto costituito da apostoli, sorse come unità istituzionale già destinato ad estinguersi con la loro scomparsa. Non esistono dodici linee di successione. Al collegio apostolico, in forza della sua istituzionalizzazione, è potuto succedere il collegio episcopale come insieme di persone che vi entrano a far parte senza linea di successione personale rispetto a ciascun apostolo, perché ciascun vescovo singolarmente preso non è il soggetto di attribuzione della missione che resta di pertinenza del collegio. A un collegio ne succede un altro.
L’istituzionalizzazione delle funzioni permise agli apostoli di conferirle ad altri fedeli, senza costituirli apostoli, scelti come loro collaboratori, dando vita a un’organizzazione formata dagli stessi apostoli, vescovi, presbiteri e diaconi. Il decentramento delle funzioni non snaturò l’unità originaria perché tra il centro originario di attribuzione delle funzioni e i nuovi collaboratori si stabilirono rapporti gerarchici e di subalternità.
Cessando di esistere il collegio apostolico permane l’organizzazione decentrata delle funzioni, formata dai vescovi con i loro cooperatori presbiteri e diaconi, per portare avanti la missione istituzionalizzata affidata agli apostoli. In forza dell’istituzionalizzazione delle funzioni i vescovi ricevono la successione apostolica nel ministero di presidenza e di governo della comunità
Le funzioni pubbliche dell’organizzazione ecclesiastica risalgono al Signore e furono consegnate agli apostoli in forma istituzionalizzata con il mandato di svilupparla. Attraverso questa via essa ha potuto crescere con un processo di decentramento delle funzioni per via sacramentale in cui l’ordo clericorum costituisce un’unità organica, principio stesso di organizzazione e non solo un coetus di persone in cui i vescovi succedono agli apostoli come titolari delle funzioni di presidenza e di governo delle singole comunità, mentre i presbiteri e i diaconi restano in un rapporto di subordinata cooperazione. Quindi, la missione di Cristo permane e si proietta nella storia attraverso l’istituzionalizzazione delle funzioni come il ministero ecclesiastico, dei titolari come i corpi o gruppi stabili, e delle forme di attribuzione come l’ordine sacro e la missione canonica.
San Paolo con la sua conversione e la sua vita spesa fino all’atto supremo del martirio ci ricorda la sua partecipazione alla missione degli apostoli per successiva aggregazione al collegio apostolico, accogliendo il mandato missionario di Cristo nell’assumere le funzioni pubbliche dell’organizzazione ecclesiastica affidate agli apostoli con il compito di svilupparla.
San Pietro ci ricorda la sua presenza tra i dodici scelti dal Signore a formare il collegio apostolico, ma anche l’istituzionalizzazione dell’ufficio di caput visibile Ecclesiae, concesso singolarmente a lui, da trasmettersi ai suoi successori.