di Gianni Cioli • L’enciclica di Francesco, Laudato si’, sulla cura della casa comune, può trovare, a conferma della sua profonda indole ecumenica, interessanti corrispondenze con un recente libro Jürgen Moltmann, uno dei più grandi teologi protestanti del secondo novecento, ancora attivo e produttivo. Mi riferisco a Etica della speranza, pubblicato in italiano nel 2011 a un anno di distanza dall’edizione originale, e ritengo particolarmente interessanti le critiche mosse, nel terzo capitolo, all’«antropocentrismo del mondo moderno» (p. 175 cf. Laudato si’ 115-136).
Il libro è articolato in cinque capitoli di differente carattere e ampiezza.
Il primo, di carattere fondamentale, offre un’approfondita riflessione teologica sul nesso esistente fra Escatologia ed etica.
Il secondo, intitolato Un’etica della vita, prospetta una prima concretizzazione dell’etica della speranza affrontando il delicato ambito della bioetica. Il capitolo si divide a sua volta in due ampi paragrafi: a) Una cultura della vita, che pone dialetticamente a confronto il messaggio neotestamentario circa la vita con la cultura della morte e del terrore, oggi globalmente diffusa; b) Etica medica, che tenta di comporre l’ideale dell’amore alla vita, che l’etica della speranza è chiamata a promuovere, con la tragicità di alcune situazioni concrete contrassegnate dal dilemma morale.
Il terzo capitolo, Etica della terra, certamente il più vicino alle tematiche dell’enciclica Laudato si’, parte dalla suggestiva considerazione che la «teoria di Gaia» proposta da James E. Lovelock, secondo la quale la terra deve essere concepita come una realtà “viva” e feconda in se stessa, non conduce necessariamente a una mistificazione o addirittura a una divinizzazione della terra, ma è affatto componibile con significative prospettive bibliche che, partendo dalla creazione (Gen 1), passando per l’alleanza post-diluviana (Gen 9,13) e per la teologia del sabato (Lv 25,1), giungono a contemplare il compimento escatologico della vita della terra (Ap 21; 2Pt 3,13). Moltamann delinea «un processo unitario dell’attività creatrice di Dio, processo che ha un inizio, compie un cammino e perviene a un traguardo, e processo nel quale anche noi ci troviamo coinvolti unitamente alla storia del cosmo e all’evoluzione della terra» (p. 154). Un’interpretazione inadeguata della destinazione biblica degli uomini al dominium terrae (Gen 1,28) ha favorito in seno alla modernità l’esasperarsi d’una visione antropocentrica e il conseguente sfruttamento del pianeta fino all’attuale crisi ecologica.
È necessario, secondo Moltmann, che la teologia corregga oggi questa visione inadeguata riflettendo più profondamente sull’immanenza dello Spirito trascendente di Dio nella creazione; sulla presenza di Dio in tutte le cose; sulla cristologia cosmica e, non da ultimo, impegnandosi ad elaborare un’antropologia non antropocentrica: «L’antropocentrismo del mondo moderno presuppone una cosmologia sbagliata e una teologia abbandonata. Esso pensa perciò che la tecnosfera umana debba sostituire la biosfera naturale e che l’uomo debba diventare il dio e padrone del proprio mondo. La conversione effettuata nell’antropologia vedrà di nuovo gli uomini e il loro mondo inseriti nei più grandi contesti cosmici delle condizioni di vita della terra e dell’evoluzione di tutti gli esseri viventi e porrà in risalto la dipendenza dell’esistenza umana dalla natura» (p. 175). L’etica della terra passa attraverso il riconoscimento dei diritti della natura e si concretizza in stili alternativi di vita radicalmente orientati alla sobrietà e alla solidarietà. Uno stile di vita improntato all’amore e al rispetto per la natura avrà sicuramente una ricaduta positiva sulla qualità della vita umana favorendo la felicità e la libertà personale.
Il quarto capitolo s’intitola evocativamente – e felicemente a fronte di tanti trattati di morale sulla guerra giusta – Etica della pace giusta.
Il punto di partenza della riflessione di Moltmann è che «la pace consiste politicamente nella presenza della giustizia, non solo nell’assenza della violenza» (p. 205). Il contributo che la teologia e poi la comunità cristiana può offrire per una comprensione sempre più adeguata della giustizia deve partire dalla considerazione della giustizia di Dio che si è rivelata pienamente in Cristo.
L’antica dottrina della guerra giusta, se applicata con rigore e alla luce delle esperienze storiche, mostra in realtà l’incompatibilità del concetto di guerra con quello di giustizia. E, sebbene in un mondo irredento non sia pensabile l’ipotesi di totale rinuncia all’uso della forza da parte degli stati per difendere il bene comune da minacce interne ed esterne, la pace fra i popoli non può essere perseguita se non con la promozione di quella cultura della convivenza che trova la sua più compiuta espressione nell’amore dei nemici prospettato dal vangelo (cf. Mt 5,44).
Il libro si conclude con un quinto capitolo intitolato, Gioia a motivo di Dio – contrappunti estetici. L’estetica, afferma Moltmann, è l’altra faccia dell’etica, e qualsiasi etica del bene proviene dall’estetica del bello e conduce ad essa. «Nell’etica cristiana deve infatti essere chiara una cosa: Non utilizziamo Dio per cambiare il mondo, ma cambiamo il mondo per gustare Dio» (p. 285).
In questo tempo in cui la Chiesa italiana si prepara a parlare di “nuovo umanesimo” l’invito di Moltmann e di Francesco a guardare all’umano superando le prospettive limitate dell’antropocentrismo moderno potrebbe risultare una pista di lavoro assai feconda.