Il ritmo trinitario della creaturalità
di Alessandro Clemenzia • «Il mercato infatti non è solo un meccanismo efficiente di regolazione degli scambi ma è, soprattutto, un ethos che induce cambiamenti profondi delle relazioni umane e del carattere degli uomini che vivono in società». Con queste parole, il teologo moralista Leonardo Salutati, nel suo ultimo libro intitolato Cristiani e uso del denaro. Per una finanza dal volto umano (Città del Vaticano 2015, p. 203), offre non soltanto alcuni spunti di riflessione sull’argomento da lui trattato, ma per certi aspetti anche l’ermeneutica alla luce della quale possiamo cogliere il significato più profondo dell’ultima Lettera enciclica di Papa Francesco, Laudato si’. Se è vero che la logica del mercato è rivelatrice (oltre che portatrice) di un particolare dinamismo relazionale intersoggettivo, è altrettanto vero che l’urgenza ecologica, circa il modo con cui l’uomo interagisce con il creato, è manifestazione dell’attuale convivenza umana: il mondo cioè non è più riconosciuto – e qui Papa Francesco cita il patriarca Bartolomeo – come «sacramento di comunione» (n. 9). Il tema dell’ecologia integrale, dunque, è intimamente legato alla questione dell’uomo e, in particolare, al suo bisogno di andare oltre ad una sterile autoreferenzialità per aderire a una nuova forma di solidarietà.
Il punto di partenza della riflessione, tuttavia, non è l’affermazione di un’antropologia cristiana rispetto alle altre, ma è il contesto attuale in cui si vive: è questo il luogo dove si può scoprire il valore dell’altro, in relazione al quale l’io riscopre il suo statuto esistenziale.
Nell’Enciclica il Papa, per argomentare una nuova forma di solidarietà umana, che consiste in primis nel superamento dell’individualismo (cf. n. 208), recupera l’importanza delle relazioni trinitarie, espressione in Dio di quella comunanza primordiale e originale. Il legame tra solidarietà umana e socialità divina viene descritto attraverso un tertium, vale a dire la creazione, di cui l’unico principio sono le tre Persone divine che la in-formano delle loro stesse peculiarità. Tutta la realtà, infatti, vive di quel dinamismo trinitario, «è una trama di relazioni» (n. 240): proprio perché è creazione del Creatore, ogni cosa tende verso un’altra, «in modo tale che in seno all’universo possiamo incontrare innumerevoli relazioni costanti che si intrecciano segretamente» (n. 240). L’essere è di per sé relazionale.
Per non imbattersi in uno scontato moralismo, la relazione che Papa Francesco ha sottolineato fra il Creatore e la creatura non è intesa come un rapporto di imitazione, come se la Trinità rappresentasse un modello antropologico, ma è descritta attraverso una dinamica di partecipazione ontologica dell’uno all’altro, per cui ciascuno vive, in se stesso, l’altro. È dal di dentro della creazione, infatti, che si può scorgere quello stesso dinamismo che caratterizza le tre Persone divine, in cui Ciascuna si riflette nell’Altra e riflette l’Altra nel Terzo, in un costante movimento di uscita da Sé verso l’Altro. Dinamismo, spiega il Papa, che «ci invita a maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità» (n. 240).
Contemplando questo gioco divino nel creato, la creatura realizza la propria personale identità nel momento in cui assume questa stessa dinamica relazionale: «quando esce da se stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature» (n. 240). Solo attraverso questo movimento estatico la persona realizza se stessa, quando «assume nella propria esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua creazione» (n. 240).
Tale discorso sulla natura relazionale dell’uomo sembra essere tuttavia in contraddizione con quanto si evince dall’odierna crisi nell’ambito delle relazioni umane, e che si manifesta nella questione ecologica. Come uscire da un tale contrasto? Il Dottore della Chiesa più citato in questa Enciclica è San Bonaventura da Bagnoregio, ed è proprio lui a offrire una possibile risposta. In una delle sue opere più famose, Itinerarium mentis in Deum, egli afferma che in Dio «nemo intrat recte nisi per Crucifixum». Al di là del significato di questa asserzione in ordine alla centralità di Cristo nel piano della salvezza, viene qui esplicitato qualcosa di ancora più profondo, vale a dire che anche il negativo, il disumano e, talvolta, l’anti-umano (quale è stata la realtà assunta da Cristo sulla croce) può divenire la via per entrare nella vita divina. In riferimento al nostro tema: non si tratta di “oltre-passare” la crisi, ma di viverla fino in fondo come luogo di entrata all’interno delle relazioni trinitarie. Perché l’uomo possa essere consapevole della propria natura relazionale non è necessario ripartire dal suo stadio originario, ma è fondamentale che egli abiti pienamente il presente, in modo da avere uno sguardo tale da scorgere nella realtà il vero senso della propria esistenza.