Rivisitando la «Indulgentiarum doctrina» di Paolo VI
di Gianni Cioli • Nella Costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina del 1967 Paolo VI offre una definizione di “indulgenza”, del tutto in linea con la tradizione, che forse è opportuno considerare per ricordare uno degli aspetti imprescindibili, anche se meno facili da comprendere, del Giubileo: «L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi» (Norme n. 1).
Tenendo presente il documento del Papa e volendo andare all’essenziale, per cercare di capire come si possa proporre in maniera plausibile, oggi, la pratica delle indulgenze, potremmo dire che sono due i presupposti chiave da tenere presenti.
C’è una frase attribuita a s. Ignazio di Loyola che mette bene in evidenza la dimensione paradossale dell’esistenza cristiana: «Impegnati in tanto come se tutto dipendesse da Dio, ma abbi fiducia in Dio come se tutto dipendesse da te». Tale affermazione, che si riferisce alla venuta del Regno di Dio, può forse adattarsi bene anche per caratterizzare il cammino penitenziale del cristiano e della Chiesa e per illuminare il paradosso delle indulgenze all’interno di tale cammino (L’affermazione è riportata da C. Huber [Prefazione, in R. Ottone, Il tragico come domanda. Una chiave di volta della cultura occidentale, Milano 1998] e sembra essere più originale e più paradossale rispetto all’altra generalmente riferita ad Ignazio: «Impegnati come se tutto dipendesse da te, ma abbi fiducia in Dio come se tutto dipendesse da Lui»).