“Genealogia di Gesù Cristo”
L’evangelista raccoglie suddivide quarantadue nomi in senso discendente in tre serie di quattordici, come dice esplicitamente: «tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici» (Mt 1,17). Ed è lui medesimo a stabilire la ripartizione di questo triplice elenco a base «quattordici» in una sua personale scansione: in realtà le generazioni sono tredici nella prima serie, quattordici nella seconda, segnato dalla vicenda della deportazione, e solo dodici nella terza.
Nel parallelo Vangelo di Luca il racconto delle generazioni è narrato in senso ascendente dopo il racconto del battesimo di Gesù: questi «quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, … figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio» (Lc 3,23-38). In questo caso si tratta di settantacinque nomi, fino ad arrivare nientemeno allo stesso Dio, contro i quarantadue nomi di Matteo (che in realtà sono trentanove), che iniziano da Abramo, che nella lista del terzo vangelo è di fatto il ventunesimo.
Queste figure femminili rompono il lungo, quasi monotono uniforme susseguirsi dei nomi maschili. Esse rendono evidente l’irregolarità e la discontinuità di un cammino non sempre irreprensibile, ma è questa umanità debole e fragile che viene assunta totalmente dal Figlio di Dio per essere salvata.
Tamar, la prima di esse, è di fatto costretta dalla legge del levirato a sedurre il suocero Giuda per assicurare una legittima discendenza: «Tamar si tolse gli abiti vedovili, si coprì con il velo e se lo avvolse intorno, poi si pose a sedere all’ingresso di Enàim, che è sulla strada per Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto, ma lei non gli era stata data in moglie. Quando Giuda la vide, la prese per una prostituta, perché essa si era coperta la faccia. Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con te!». Non sapeva infatti che era sua nuora. Ella disse: «Che cosa mi darai per venire con me?». Rispose: «Io ti manderò un capretto del gregge». Ella riprese: «Mi lasci qualcosa in pegno fin quando non me lo avrai mandato?». Egli domandò: «Qual è il pegno che devo dare?». Rispose: «Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Allora Giuda glieli diede e si unì a lei. Ella rimase incinta» (Gen 38,14-18).
Quindi l’umanità nella sua inestricabile connessione tra bene e male è la trama sulla quale si intesse la generazione umana del Figlio di Dio. Matteo ne è consapevole e lo sottolinea col suo stile preciso. Lo stesso numero «quattordici», ripetuto tre volte, indica che Cristo è il vero Davide. Fra le interpretazioni possibili, esso risulta infatti la somma dei tre numeri (4+6+4) che a loro volta sono l’equivalente delle lettere che compongono il nome del re (D+W+D, in ebraico le consonanti del nome David).
E qui arriviamo al nodo principale di questa “arida” lista di nomi: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo». Il testo greco dice però letteralmente: «è stato generato», introducendo quello che gli specialisti chiamano il “passivo teologico” (cf. Mt 2,1), come viene chiarito a Giuseppe dalle parole dell’angelo che gli appare in sogno.
Gesù è così il “tre volte” «figlio di Davide» (cf. però 1,20.21.24: anche Giuseppe è chiamato così). Le parole dell’annuncio divino attraverso l’angelo chiariscono ulteriormente: «Così fu generato Gesù Cristo [lett. «l’origine di Gesù era in questo modo»]: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo» (Mt 1,18). E più avanti sottolinea: «senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (Mt 1,25).
Quindi, senza timore di essere smentiti, questa grandiosa storia a tinte chiaroscurali dell’umanità, viene ad essere illuminata dalla silenziosa presenza della Madre di Dio. Tutte le generazioni umane infatti, si interrompono davanti all’atto divino che si compie attraverso di lei «per opera di Spirito santo».