Essere fratello (minore): l’uomo secondo Francesco d’Assisi. Spunti da un testo di J. Garrido
di Dario Chiapetti • La relazione tra il divino e l’umano, vero e unico vulnus di tutta la teologia e della vita spirituale di ogni uomo e donna, riceve dal carisma di Francesco d’Assisi un contributo, al fine della sua comprensione sul piano esistenziale e del pensiero, quanto mai rilevante e molto da approfondire.
Le riflessioni che vado a esporre sono state stimolate dal testo di Javier Garrido (1941), Uno sguardo fraterno (Edizioni Biblioteca Francescana, Milano 2017), nel quale mi sono imbattuto recentemente ad Assisi, appena uscito dalla Porziuncola, dopo aver celebrato nell’eucaristia il mistero della maternità divina di Maria, mistero che, pensando a Francesco (cf Lettera ai fedeli, 2a redazione, 53), trova un certo corrispettivo nella maternità divina propria di ogni figlio di Dio.
Gesù fratello (cf Lettera ai fedeli, 2a redazione, 49.53).
sguardo fraterno: uno sguardo a partire dal quale guardare tutto, uno sguardo a partire dalla fraterniformità di tutto ciò che è così come Francesco magnificamente esprime nel Cantico di frate Sole (1225).
Tale sguardo fraterno è esplicitato nel suo fondamento trinitario-sacramentale: il Figlio, primogenito delle creature, per mezzo dello Spirito Santo, loro principio d’unità, imprime in esse il carattere sia fraterno, comunicandosi nelle loro relazioni, sia, per il fatto che così si trovano relazionate al Padre, filiale, come avviene luminosamente nell’eucaristia.
uguaglianza, minorità, povertà.
L’uguaglianza, intesa come uguaglianza anche sociale, non vuole significare il livellamento delle peculiarità del fratello che ne oscuri l’unicità o un principio disciplinare della comunità ma l’espressione chiara e radicale della medesima condizione ontologica di figliolanza di ogni suo membro.
L’uguaglianza si fonda sulla minorità quale condizione ed espressione del carattere di reciprocità e kenoticità dell’amore divino-umano. L’amore e il servizio danno forza alla reciprocità e quest’ultima non sta nel verificarsi del do ut des ma, appunto, della minorità: amando il fratello, e quindi amandolo “minormente”, esso è riconosciuto e invitato a riconoscersi fratello e quindi alter, reciproco.
alter col quale sperimentare l’amore divino, amore che di per sé è amore che si abbassa.
Regola non bollata VII, 14).