di Francesco Romano • La Congregazione delle Cause dei Santi il 16 dicembre 2017 ha pubblicato una Istruzione dal titolo Le reliquie nella Chiesa: autenticità e conservazione. La motivazione di questa Istruzione è esplicitata nella sua Introduzione: “Le reliquie nella Chiesa hanno sempre ricevuto particolare venerazione e attenzione perché il corpo dei Beati e dei Santi, destinato alla risurrezione, è stato sulla terra il tempio vivo dello Spirito Santo e lo strumento della loro santità, riconosciuta dalla Sede Apostolica tramite la beatificazione e la canonizzazione”.
La questione, sempre di attualità fin dai primordi del cristianesimo, ha impegnato ininterrottamente la Chiesa nello sforzo di tutelare i fedeli indotti in alcuni casi a venerare reliquie presentate come autentiche, a volte in modo superficiale e non adeguatamente verificato, ma altre in mala fede.
La venerazione delle reliquie fin dai primi secoli del cristianesimo nasce spontanea nell’associare alla memoria di Cristo quella dei martiri che avevano versato il sangue per testimoniare la propria fede. Nella ricorrenza del dies natalis i fedeli si ritrovavano intorno alla tomba del martire per la celebrazione della Messa e la condivisione dell’agape fraterna. Il sepolcro è anche il sito dove si edificano chiese e basiliche in onore dei martiri.
Con l’Editto di Costantino del 313 e la libertà di culto i cristiani apertamente possono testimoniare la propria fede. La venerazione dei martiri si incrementa con la diffusione delle reliquie e le agiografie. Si aggiunge anche la venerazione per i confessori, cioè coloro che erano stati perseguitati dall’autorità civile a causa della loro testimonianza di fede pur senza aver subito il martirio e la perdita della vita. A partire dal IV secolo furono considerati confessori anche coloro che testimoniarono la loro fede conducendo una vita penitenziale intensa e di preghiera senza necessariamente subire persecuzioni o spargimento di sangue. Il V Concilio di Cartagine conferma l’uso di riporre le reliquie sotto gli altari fino a diventare obbligatorio nel II Concilio di Nicea nel 787. Inizia così una ricerca spasmodica di frammenti di resti mortali fino alla possibilità di avere almeno residui di polvere e pietre prelevati nelle tombe. Per porre rimedio all’alta richiesta dei fedeli si diffondono le reliquie da contatto, in genere pezzetti di stoffa venuti a contatto con reliquie di martiri o con le loro tombe.
A partire dal VI secolo il riconoscimento della santità avviene per approvazione del sinodo diocesano. Alla presenza del Vescovo si procede alla riesumazione del corpo detta elevatio, e alla translatio cioè alla collocazione dei resti mortali sotto o vicino all’altare.
Tra il VII e il XII secolo la richiesta di reliquie conosce un incremento crescente da parte di santuari, chiese e conventi per le esigenze di fedeli e pellegrini che vengono attratti dal diffondersi della fama di poteri taumaturgici. Per fare fronte alle richieste di devozione si arriva allo smembramento degli scheletri e alla diffusione di reliquie di indubbia provenienza e autenticità fino a presentare come reliquie autentiche schegge della croce, capelli e frammenti del velo della Madonna ecc ecc. Il Concilio di Trento nella XXV sessione riafferma la tradizione della Chiesa di venerare i resti mortali di Santi e Beati, ma anche le loro reliquie autentiche e gli oggetti da loro posseduti con cui sono stati a stretto contatto.
Urbano VIII, confermando i precedenti divieti, soprattutto di Gregorio IX e di Bonifacio VIII, riguardo agli abusi delle canonizzazioni vescovili da tempo dichiarate di pertinenza del Romano Pontefice, introduce il divieto di tributare il culto pubblico, senza che prima sia stato svolto un regolare processo canonico e l’iscrizione nel catalogo dei Santi autorizzata dal Papa. Un passo decisivo viene compiuto da Benedetto XV con la promulgazione del Codice di Diritto Canonico del 1917 disponendo la ricognizione canonica dei resti mortali di un Servo di Dio durante lo svolgimento della causa di beatificazione per poterne accertare l’autenticità, lo stato di conservazione e fare il prelievo di frammenti per il confezionamento di reliquiari.
Giovanni Paolo II nella stessa data della promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, il 25 gennaio 1983 pubblica la Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister introducendo la nuova legislazione per le cause dei Santi, mentre la Congregazione delle Cause dei Santi il 7 febbraio 1983 emana le Normae servandae in inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum stabilendo norme peculiari da osservarsi nelle inchieste diocesane o eparchiali delle cause di beatificazione e canonizzazione. Il 17 maggio 2007 la Congregazione delle Cause dei Santi emana l’Istruzione Sanctorum Mater per facilitare l’applicazione delle norme relative all’istruttoria diocesana. In “Appendice” l’Istruzione dedica ampio spazio alla Ricognizione canonica delle spoglie mortali di un Servo di Dio. In quindici articoli vengono date istruzioni circa l’autenticità e la conservazione delle spoglie mortali di un Servo di Dio; la preparazione delle reliquie; il trasferimento delle spoglie mortali e delle reliquie di un Beato o di un Servo di Dio.
La recente Istruzione della Congregazione delle Cause dei Santi dal titolo Le reliquie nella Chiesa: autenticità e conservazione sostituisce l’Appendice dell’Istruzione Sanctorum Mater offrendo in trentotto articoli una dettagliata descrizione sulle competenze dell’autorità preposta a svolgere specifiche operazioni, sul modo di procedere riguardo alla richiesta e allo svolgimento delle ricognizioni di resti mortale, alla loro traslazione, al pellegrinaggio delle reliquie e all’autorizzazione del culto da tributare ai Beati, alle alienazioni, al prelievo di frammenti e alla confezione delle reliquie.
Questa Istruzione permette finalmente di chiudere un capitolo durato per secoli sulla certezza dell’autenticità delle reliquie e di evitare abusi non presumendosi più a questo punto la buona fede o l’ignoranza delle regole. Seguendo fedelmente la procedura indicata dall’Istruzione non dovrà più accadere di avere dubbi sulla provenienza della reliquia attraverso la certificazione e la conservazione in teche chiuse con sigillo imposto dall’Autorità competente.
Resta il problema delle miriadi di reliquie e reliquiari, in possesso anche di privati, spesso di valore artistico, ma privi del certificato di autenticità oppure con il sigillo rotto. L’Istruzione ci ricorda: “Le reliquie dei Beati e dei Santi non possono essere esposte alla venerazione dei fedeli senza un apposito certificato dell’autorità ecclesiastica che ne garantisca l’autenticità […] vanno custodite in apposite urne sigillate”.
Per portare un esempio tratto dalla nostra esperienza, la prassi che abbiamo sempre osservato secondo le indicazioni ricevute dalla Congregazione delle Cause dei Santi è la seguente: “Per quanto riguarda una richiesta da parte di una parrocchia o di un Istituto religioso per restaurare o sostituire il sigillo di autenticità per rottura di quello esistente, è sufficiente che il Vescovo diocesano accerti l’autenticità delle reliquie e imponga il proprio sigillo o quello diocesano dopo il restauro o la sostituzione di quello esistente. E’ necessario conservare presso l’Archivio diocesano il verbale di quanto accaduto e compiuto dalle autorità diocesane. Per quanto concerne il reliquiario o la teca in possesso di un privato, qualora il certificato di autenticità sia andato perduto, non se ne può pubblicare un altro. In tal caso, la reliquia può essere utilizzata soltanto per il culto privato della persona che la possiede”.