di Gianni Cioli • La raffigurazione del paradiso nel Giudizio Universale dei mosaici del Battistero di Firenze è caratterizzata dall’immagine di tre figure imponenti che, in un giardino lussureggiante, tengono in grembo alcune figure minute in abito bianco. La scena è certamente ispirata al passo scritturistico di Lc 16,19-31 in cui si parla del «seno» di Abramo che accolse il defunto Lazzaro, ma risulta arricchita dalla presenza di Isacco e Giacobbe che accolgono a loro volta gli eletti, risorti dai morti.
La raffigurazione dei tre patriarchi quale dimora dei giusti defunti trova appoggio in fonti letterarie e liturgiche di rilievo: l’apocrifo Quarto libro dei Maccabei (I secolo a.C.) parla dell’accoglienza dei morti da parte di Abramo, Isacco e Giacobbe e l’immagine del «seno» – o dei «seni» – «dei patriarchi» è attestata, già dal V secolo, nella liturgia dei defunti sia in oriente che in occidente. Particolarmente significativa è, a questo proposito, la testimonianza del Sacramentario Gelasiano: «Accogli, Signore, il tuo servo nella dimora eterna e concedigli il riposo e il regno, ossia la Gerusalemme celeste, e degnati di collocarlo nei seni dei nostri patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe».
La fonte scritturistica di maggior rilievo per la raffigurazione dei patriarchi nel Giudizio del Battistero di San Giovanni pare ancora il terzo Vangelo. In Lc 13,22-30 troviamo infatti un’ammonizione di forte tenore escatologico:
«Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Rispose: “Lottate per entrare dalla porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi”».
Ciò che nel mosaico fiorentino evoca con più forza il testo escatologico di Luca è il modo in cui è raffigurata la porta del paradiso: una «porta stretta» (cf. Lc 13,24). L’immagine, evidente metafora della sequela di Cristo, nel contesto del Battistero vuole probabilmente essere un’esortazione a vivere con radicalità l’esistenza cristiana che si fonda nel battesimo, in un’ottica di speranza e di timore.
La descrizione degli eletti con Abramo, Isacco e Giacobbe nel brano evangelico acquista significato nel drammatico confronto con la situazione di «pianto e stridore di denti» (cf. Lc 13,28) patita dagli esclusi dal regno di Dio. Il contrasto è tradotto, fin troppo efficacemente, nella raffigurazione fiorentina dell’inferno all’angolo opposto nella raffigurazione del giudizio.
Come il brano di Luca, anche il mosaico che lo interpreta riesce a sovrapporre efficacemente, attraverso le immagini, la previsione degli eventi ultimi e l’esortazione pratica per il presente. I particolari di una scena possono diventare parenesi che, attraverso l’emozione visiva, traduce la pagina evangelica per l’osservatore contemporaneo, mettendola ‘in rete’ con altri passi evangelici. Così, il progressivo rimpiccolimento degli eletti che s’affrettano verso la porta del paradiso seguendo l’angelo e la loro quasi omologazione nei tratti somatici può avere un significato parenetico in relazione all’immagine della porta stretta: se vuole entrare nel regno dei cieli (cf. Mt 18,3; Mc 10,13-16; Lc 18,16), il cristiano deve imparare a farsi piccolo nell’umiltà davanti al Signore, nella fede e nella speranza in lui, e nella carità verso i fratelli (cf. Mt 25,31-46; Lc 22,24-27; Gv 13,1-17), per essere in grado di attraversare la porta stretta «che conduce alla vita» (Mt 7,14).
I giusti raffigurati nella scena del giudizio possono risultare, attraverso la simbologia delle fattezze e delle movenze, non soltanto immagini di una condizione futura e sperata, ma anche specchio in cui riconoscere la via di conversione che il cristiano intraprende nella vita presente con l’esercizio delle virtù teologali e l’agire concreto.
Pur mancando di espliciti riferimenti alle opere di misericordia la grande raffigurazione escatologica dei mosaici del Battistero fiorentino appare comunque densa di implicazioni morali.
Gli eletti che si volgono verso la porta del paradiso sembrano correre e quasi scattare. L’immagine può essere considerata un’acuta traduzione visiva dell’esortazione: «Lottate per passare dalla porta stretta» (Lc 13,24). Rappresentati quasi come atleti pronti allo scatto per la competizione, gli eletti potrebbero alludere alla serietà dell’impegno cristiano, ricordando ai battezzati che la vita del fedele è prova e combattimento.