Un leader profetico, umile e coraggioso. Pronto ad usare il paracadute
la serenità con cui Bergoglio, messaggero di pace, ha liquidato le domande sulle minacce concrete rivoltegli dall’Isis alla vigilia del Giubileo della Misericordia e sui pesanti, drammatici effetti di una guerra mondiale che più di un anno fa – per primo – aveva previsto si sarebbe combattuta “a pezzetti”. Le sue risposte nette, a volte ironiche ( “Io non ho paura”. “Attentati ? Temo solo le zanzare”. “L’esperienza dimostra che i conflitti ed il terrorismo si alimentano con la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione”) sono uno stimolo, un esempio per gli uomini di Stato e di Governo di tutto il pianeta, alle prese con un’emergenza di cui non si può prevedere l’estensione e la fine, che ci terrà tutti con il fiato sospeso forse per mesi, se non per anni. Un monito all’Europa a ritrovare un minimo di coesione per affrontare le sfide del Califfato, simbolo di una classe dirigente composta da poche persone. Non più di un centinaio, in gran parte provenienti dai rimasugli dell’esercito iracheno di Saddam Hussein, dai muezzin afghani, dai talebani indottrinati da Bin Laden e da Al Qaeda; arabi soprattutto ma anche pachistani e sauditi.
Bangui, di fatto anticipando l’inizio del Giubileo dalla periferia del mondo, dal centro di una delle peggiori crisi umanitarie dell’Africa per una guerra civile che dura da tre anni. Dove ha incoraggiato e spronato i cattolici, ma pure – nella moschea – i “fratelli musulmani”, invitandoli “a respingere uniti ogni violenza in nome di Dio”.