Abitare l’unità

Abitare l’unità. Questa è la frase che può fungere da sintesi del viaggio di Bartolomeo I nella terra di Toscana. L’unità come Luogo dei luoghi, spazio vivibile offerto all’uomo dove comprendere in modo esperienziale che la realizzazione di sé avviene attraverso l’affermazione dell’altro, nel riconoscere cioè alla diversità un valore inalienabile e insostituibile. Ed è proprio dall’abitare il luogo dell’unità che scaturisce una nuova cultura: in questo orizzonte trova il suo significato più autentico e profondo il conferimento del Dottorato.

Un primo luogo in cui si è fatta esperienza di questo “abitare” è stata la divina liturgia: la preghiera del vespro nel Battistero fiorentino, davanti allo splendore artistico di quei mosaici «in cui – ha spiegato in quell’occasione l’Arcivescovo Betori – la tradizione orientale si unisce ai primi passi dell’arte sacra occidentale, in una simbiosi che vuole essere segno di fraternità». Ed è proprio attraverso i mosaici che i credenti vengono raggiunti da quella Presenza che, sola, sa contemporaneamente unire distinguendo, e distinguere consumando in uno.

Perché questo “abitare” diventi cultura, è necessario che l’unità non sia limitata a quei presupposti teoretici che la generano e animano costantemente, ma che si sappia calare fino alle relazioni sociali. In altre parole, la cultura è tale là dove un pensiero sa tradursi in esperienza, sa darsi nella concretezza, generando così «uomini nuovi in un mondo nuovo», come ha affermato il Patriarca rivolgendosi ai giovani della Cittadella della pace Rondine (Arezzo). Anche l’unità, dunque, rischia di rimanere un astratto concetto teoretico filosofico e teologico, se non è capace di farsi evento relazionale, se non va a toccare, dal di dentro, le relazioni interpersonali quotidiane.

Abitare l’unità, dunque, significa vivere l’evento relazionale di chi sa affermare l’altro proprio in quanto altro, e, contemporaneamente, sa riconoscere l’altro come insostituibile possibilità della propria esistenza. L’unità, dunque, non è una statica situazione giuridica, ma una dinamica che raggiunge l’uomo assetato di essa, il quale non si accontenta di accordi e compromessi per ottenere qualcosa, ma lascia che sia il Tutto ad accadere lì dove due o più sono riuniti nel Suo nome.