La Cina e il rapporto con la chiesa di Roma – Una ripresa della visita di Nixon in Cina o una speranza per il riconoscimento dei diritti umani?
di Mario Alexis Portella • Quest’anno ricorre il 45° anniversario della visita di Richard Nixon alla Repubblica Popolare Cinese (RPC) – il primo presidente statunitense a visitare la Cina da quando le relazioni cino-americane erano state interrote nel 1949. Dopo l’incontro storico tra Nixon e il presidente cinese, Mao Zedong, gli Stati Uniti hanno abbandonato la “teoria delle due Cine”, – quella di Pechino e Taiwan – favorendo il governo pechinese. Di conseguenza, entrambi i paesi sono stati in grado di ristabilire i rapporti diplomatici, il commercio e un’alleanza contro l’Unione Sovietica. Nonostante questi risultati, molti nell’occidente speravano che la RPC riconoscesse e promuovesse i diritti naturali del suo popolo. In retrospettiva, sembra che lo scopo della politica cinese-statunitense fosse il profitto economico in modo di poter isolare ancora di più i sovietici. In modo simile, nel maggio di quest’anno il Presidente Trump – con la vendita delle armi (350 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni) all’Arabia Saudita – oltre a cercare di isolare l’Iran, ha continuato la linea di Nixon: separare “l’economia” dalla “politica”, cioè lo sfruttamento economico a scapito della dignità umana.
Il mese scorso è morto, Liu Xiaobo, lo scrittore e docente cinese attivo per molti anni nella difesa dei diritti umani nella Cina. Nel 1989, sebbene si trovasse negli Stati Uniti durante le proteste in Piazza Tienanmen, tornò a Pechino per prenderne parte. Xiaobo, parecchie volte ha invocato le libere elezioni, la separazione dei poteri – come esistono in America – e soprattutto il riconoscimento della libertà dell’individuo, che doveva essere manifestato nella libertà religiosa. Il regime cinese l’ha accusato di incoraggiare la sovversione del potere statale, per cui è stato incarcerato nel 2009. Prima di morire in prigione per un cancro al fegato, Xiaobo perdonò i suoi persecutori e anche i suoi carcerieri dicendo: «Non ho nemici e nessun odio».
Le circostanze della morte di Xiabo sono state commiserate in tutto il mondo. Tuttavia, la risposta dell’America è stata relativamente debole. La Casa Bianca rilasciò una breve dichiarazione dicendo che il presidente Trump era «profondamente rattristato» dalla notizia della morte di Xiaobo, notando che era «un poeta, uno studioso e coraggioso sostenitore» che abbia «dedicato la sua vita al perseguimento della democrazia».
Xi Jinping è stato il leader della RPC dal 2013 e ha supervisionato il paese durante quattro anni di detenzione di Liu Xiaobo. Gli attivisti dicono che sotto Jingping, lo stato cinese è diventato più repressivo, minacciando tutti quelli che cercano di promuovere la democrazia in Cina. Anche se Trump ha spesso criticato la RPC per le sue politiche commerciali e per i rapporti economici con la Corea del Nord, egli è stato reticente nel criticare gli abusi dei diritti umani in quel Paese.
Le preoccupazioni di Zen si possano condividere. Bisogna ricordare che questa non è la prima volta che la Chiesa cerca di sistemarsi giuridicamente davanti a un governo “totalitario”, ad esempio, quando la Santa Sede cercava di risolvere la “Questione Romana”. Essa fu risolta nel 1929 quando il papa Pio XI e Benito Mussolini hanno trovato una soluzione con i Patti Lateranensi, i quali hanno riconosciuto il Vaticano come uno stato sovrano e indipendente.
Papa Bergoglio, oltre a sapere che il comunismo in Cina non crollerà dalla notte alla mattina, si è mosso in modo pragmatico: che i cattolici cinesi abbiano una stabilità, e questo è già una vittoria! Nonostante le “giuste” preoccupazione del Cardinale Zen e le critiche di altri, non si può paragonare la relazione tra il Vaticano e la RPC a quelle di Nixon e Trump con il governo pechinese, come tanti dicono senza conoscere la genesi dei fatti.
Durante una intervista con Asia Times nel 2016, il Vescovo di Roma ha paragonato il dialogo vigente tra la Santa Sede e la Cina a quella di Matteo Ricci, il gesuita accolto dai cinesi come un saggio elargitore di scienza e saggezza all’inizio del XVII secolo: «Ricci ci insegna che è necessario entrare in dialogo con la Cina, perché essa è un’accumulazione di saggezza e di storia. È una terra benedetta da molte cose. E la Chiesa cattolica, che ha tra i suoi doveri quello di rispettare tutte le civiltà, davanti a questa civiltà, io vorrei dire che ha il dovere di riservarle un rispetto con la “R” maiuscola». Detto questo, con l’apertura continua di papa Bergoglio, le autorità del Vaticano hanno onorato, almeno in modo indiretto, la memoria di Liu Xiaobo e altri difensori della dignità umana.